PALERMO – Le Europee si terranno il prossimo anno e, abrogazione della Delrio permettendo (in realtà non così scontata), anche le Provinciali ma intanto il centrodestra è in subbuglio: una tensione fra alleati che si registra a livello regionale e che a Palermo sta toccando livelli di guardia. Casus belli è il possibile rimpasto della giunta comunale di Roberto Lagalla: il sindaco ha prima invitato il centrodestra a rimandare le discussioni dopo il bilancio di previsione, adesso prova a fissare la nuova deadline al bilancio consuntivo del Comune anche se il vero obiettivo pare essere quello di attendere l’appuntamento elettorale del 2024 che potrebbe cambiare profondamente gli equilibri della coalizione, specie in Sicilia.
Il nodo consuntivo
Il diktat dell’ex rettore è sempre lo stesso: per far ripartire la macchina comunale di Palermo bisogna mettere i conti a posto e il consuntivo, che dovrebbe arrivare in Aula a fine mese, sbloccherà milioni di euro per assunzioni e investimenti che vanno però spesi entro fine anno. Un passaggio politico delicatissimo che Lagalla vorrebbe preservare dalle tensioni che inevitabilmente si generano quando si parla di poltrone da spartire e così il sindaco ha chiesto di “congelare” la campagna acquisti dei consiglieri comunali, anche se un passaggio (quello di Salvo Di Maggio dalla Lega alla nuova Dc) è già stato formalizzato.
Forza Italia vuole il rimpasto
Il punto è che altri movimenti sono in vista e si legano alle grandi manovre per la giunta. Il molto probabile passaggio di due azzurri (l’assessore Andrea Mineo e il consigliere Natale Puma) a Fratelli d’Italia ha surriscaldato gli animi: nessuna reazione ufficiale ma i telefoni del Comune sono diventati subito roventi. I forzisti da mesi chiedono il rimpasto non riconoscendo più né Mineo né Rosi Pennino, entrambi indicati un anno fa da Gianfranco Micciché, e prenderebbero come uno sgarbo l’eventuale passaggio ai meloniani di Puma e Mineo. I berlusconiani sono tornati anche in pressing sul sindaco chiedendo subito il rimpasto, sebbene il rapporto con Lagalla da tempo sia in bilico: l’ex rettore non avrebbe infatti digerito l’annunciato (ma ancora non formalizzato) trasloco di Salvo Alotta in Forza Italia.
Se il rimpasto si farà a settembre, gli azzurri dovranno trovare un accordo sui nomi: Aristide Tamajo, padre dell’assessore regionale Edy, non è in discussione mentre la Pennino potrebbe restare in giunta in quota Lagalla che però a quel punto dovrebbe sacrificare Antonella Tirrito o Maurizio Carta (a cui verrebbe garantito un ruolo da super consulente); una casella dovrebbe andare a Pietro Alongi, fedelissimo del governatore Renato Schifani, mentre per la terza sono in corsa più nomi fra cui Stefania Munafò, vicina a Giulio Tantillo, e quelli di un paio degli attuali consiglieri comunali, anche se in quest’ultimo caso si avrebbe una rappresentanza tutta al maschile.
L’attivismo di Fratelli d’Italia
Fratelli d’Italia è invece più attiva che mai: il passaggio di Puma consentirebbe ai meloniani di far salire a sette il numero dei consiglieri comunali, eguagliando quelli di Fi, e l’arrivo di Mineo porterebbe a quattro la squadra degli assessori; Carolina Varchi vorrebbe lasciare la poltrona già dopo il consuntivo ma il partito le chiede di restare almeno fino alle Europee, liberando una poltrona che potrebbe andare a Toti Longo mentre Giampiero Cannella diverrebbe vicesindaco.
Fdi non ha alcuna intenzione di dare il via libera al rimpasto prima delle elezioni di primavera, né di scendere sotto quota quattro assessori: lamenta da tempo di essere stata penalizzata nella spartizione delle caselle, specie nei confronti degli azzurri che hanno incassato tre assessori, il presidente del consiglio, l’ad di Gesap e la presidenza di due aziende mentre al partito della premier sono andati “solo” tre assessori (tra cui il vicesindaco) e una prelazione sul futuro di Amg gas e Amap.
Un braccio di ferro senza esclusione di colpi: in caso di rimpasto il partito della premier potrebbe chiedere un rimescolamento delle deleghe e perfino di ridiscutere la presidenza del consiglio comunale a metà sindacatura. Ma intanto i meloniani lamentano anche le manovre espansionistiche della nuova Democrazia cristiana.
Cuffariani in ascesa
I cuffariani hanno già reclutato Di Maggio, ma si parla di altri possibili arrivi: gli occhi sono puntati su Giovanna Rappa, eletta con la lista del sindaco, ma non si escludono altri colpi di scena; se i quattro consiglieri diventassero cinque o addirittura sei, la Dc potrebbe anche chiedere un secondo posto in giunta. Manovre espansionistiche che stanno creando scompiglio nella coalizione, creando tensioni col sindaco e con Fdi pronta a reagire: non solo l’arrivo di Mineo ma anche la richiesta di un nuovo capo di gabinetto all’ex Provincia al posto di Maurizio Lo Galbo, una volta vicino ai meloniani e ora “sospettato” di vicinanza proprio a Cuffaro; in pole ci sarebbe Angelo Pizzuto, vicino all’assessore regionale Alessandro Aricò. Gli uomini della premier hanno letto in chiave politica anche il voto di astensione di Giuliano Forzinetti (assessore Dc) sulla delibera per “La Cuba”, presentata da Mineo: una scelta che per i meloniani è stata irrituale, ma soprattutto la dimostrazione di un problema fra alleati.
Nella Lega il “caso” Anello-Figuccia
Acque agitate anche in casa leghista. Dopo l’addio di Di Maggio, il Carroccio in Aula può contare solo sul capogruppo Alessandro Anello e su Sabrina Figuccia che è anche assessore: Anello avrebbe ricevuto dal partito garanzie sulla possibilità di subentrare in giunta al posto della Figuccia che però non avrebbe alcuna intenzione di fare passi indietro. Il capogruppo al momento rimane tra i salviniani ma il malessere è noto ed è partito il corteggiamento degli altri partiti, nuova Dc in primis che vorrebbe così arrivare a sei consiglieri; se non si concretizzasse la “promozione” Anello potrebbe cedere alle lusinghe, il che lascerebbe la Lega con un solo consigliere ma anche con un assessore. Un problema non da poco per Lagalla, che non vorrebbe lasciare fuori dalla giunta un partito nazionale.
Il nodo Europee e Provinciali
Le Europee potrebbero cambiare profondamente gli equilibri nel centrodestra: Forza Italia dovrà dimostrare di poter sopravvivere alla scomparsa del suo fondatore, Cuffaro dovrà misurarsi in un test su larga scala, Fdi dovrà bilanciare le candidature e i risultati saranno determinanti per sancire i nuovi rapporti di forza nella coalizione che già litiga sui possibili candidati alle Città metropolitane.
Roma dovrà trovare lo spazio “parlamentare” per abrogare la Delrio ma intanto i partiti in Sicilia già accampano pretese: Messina è un’incognita per il peso di Cateno De Luca e Fdi, scartata Catania dove ha già il Comune, punterà su Palermo su cui però ha messo gli occhi anche Schifani per il braccio destro Marcello Caruso.
Lagalla prova a resistere
In mezzo a queste tensioni, Lagalla prova a resistere mentre con Davide Faraone lavora alla trasformazione della sua lista in un partito da presentare alle prossime Provinciali (anche se al momento nulla si è mosso, a parte la riunione al Teatro Massimo). Il sindaco, che deve fare i conti con il rischio di un assottigliamento del suo gruppo, non vorrebbe alcun rimpasto e per mettere a tacere le pretese sarebbe pronto anche alle “maniere forti” minacciando, se servisse, gesti clamorosi come le dimissioni. Boutade estive, le definiscono alcuni big del centrodestra, ma che delineano la strategia futura.
L’obiettivo è rimandare tutto a dopo le Europee, usando anche un’argomentazione convincente: un cambio degli assessori, specie di quelli con le deleghe più pesanti, provocherebbe un rallentamento della capacità di spesa dei fondi liberati in consuntivo che vanno investiti entro l’anno. Il rimpasto slitterebbe così a gennaio ma a quel punto sarebbe troppo a ridosso della campagna elettorale, con una vicinanza temporale che il sindaco ha sempre detto di voler evitare.