PALERMO- “Ci sono molti aspetti su cui riflettere. Lo stupro è un reato orrendo. Ma anche un ragazzo che possa pensare di fare sesso in sette, con altri coetanei, non è sano, non fa una cosa normale. Condanniamo la violenza fermamente e poi dobbiamo interrogarci su tutto”.
Rosi Pennino, assessore comunale alle Attività sociali, parla dello stupro di Palermo. E lo fa con una ampia riflessione che investe un contesto, non soltanto l’atrocità raccontata dalla cronaca.
Lei, finora, a parte qualche battuta, ha preferito il silenzio.
“Sì, su questa dolorosa vicenda si è detto e stra-detto troppo. Sacrosanto il sostegno alla denuncia, come è sacrosanta l’indignazione. Ma, adesso, il tema è la cura”.
Il Comune come intende muoversi?
“Andando oltre, per migliorare l’esistente. Vanno bene i servizi dedicati, i centri anti-violenza, le case rifugio, ma stiamo lavorando per dare di più, per il tassello che manca”.
Cosa manca?
“Una presa in carico successiva, per un lungo periodo. Noi abbiamo anche il servizio Eiam, l’equipe inter-istituzionale, per l’abuso e il maltrattamento. Ma è necessario che la vittima di violenza sia seguita nel tempo. Ho convocato un tavolo, con tutti i soggetti istituzionali, per il potenziamento e la strutturazione di un nuovo contesto. Ci siamo noi, c’è l’Asp… E’ necessario creare anche più luoghi fisici, più spazi di cura. Sarà un iter veloce.”.
Sul contesto, cosa dice?
“Si è parlato di tutto, anche troppo, non focalizzando il tema: che è, appunto, l’aiuto alle persone vittime di un atto atroce. La questione della presa in carico è primaria. E dobbiamo confrontarci sui giovani che abbiamo di fronte. Lo ripeto: lo stupro è orrendo e non ci sono attenuanti di sorta, nessuno può permettersi di mettere in discussione la vittima: se aveva bevuto, come era vestita. Ma…”.
Ma?
“Pure il semplice fatto che un giovane uomo possa ritenere interessante una esperienza di sesso di gruppo, in sette, in otto, è una deviazione, una aberrazione, qualcosa di cui discutere”.
Ha fatto discutere, per esempio, una frase del giornalista Andrea Giambruno sul rischio di incontrare il ‘lupo’. Lei come la valuta?
“Non ho visto la trasmissione e non ho sentito le parole precise. Più in generale, credo che sia utile che i giovani riscoprano il sentimento sano della paura, quando è necessario. Vale per tutti e in ogni situazione. Perché è quel sentimento che può salvarti, evitando i pericoli che potrebbero derivare da una disinibizione assoluta”.
Il problema culturale dov’è?
“Nelle famiglie. Ci sono troppi genitori che abusano di Tik Tok e che non costituiscono un modello. Ho parlato con persone che danno il preservativo alla figlia di tredici anni, per proteggerla. Non sarebbe meglio dirle che il sesso a tredici anni è una esperienza per cui non si è pronti?”.