AGRIGENTO – I carabinieri del comando provinciale di Agrigento hanno arrestato, a Canicattì, Campobello di Licata e Ravanusa, 10 persone, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del tribunale di Agrigento su richiesta della procura.
Quattro sono finiti in carcere, due ai domiciliari, per tre è stato disposto l’obbligo di dimora e per uno l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. I 10 indagati, fra cui alcuni romeni, sono gravemente indiziati dei reati di incendio, disastro ambientale, furto aggravato, detenzione e porto illegale di armi, estorsione e ricettazione.
Le misure cautelari sono state emesse dall’autorità giudiziaria dopo l’interrogatorio degli indagati fatto in ossequio della cosiddetta legge Nordio. L’indagine, condotta dal reparto Operativo – nucleo Investigativo, con l’ausilio di attività tecniche, nel periodo compreso tra gennaio 2024 e ottobre 2024, ha consentito di far piena luce sull’incendio, avvenuto il 20 gennaio di quest’anno, all’interno dello stabilimento per la raccolta, trattamento, smaltimento dei rifiuti e recupero dei materiali con l’utilizzo di procedure ad alto valore tecnologico della ditta Omina srl di contrada Piano Bugiades a Licata. Lo scorso 16 ottobre, i carabinieri avevano già arrestato tre persone, una delle quali finita ai domiciliari, sempre in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari.
Le indagini dei carabinieri del reparto operativo – nucleo Investigativo del comando provinciale di Agrigento, che si sono avvalse di intercettazioni telefoniche e ambientali protrattesi per circa 10 mesi, oltre a individuare gli autori dell’incendio della ditta Omnia srl, hanno consentito di disegnare uno spaccato di micro e macro criminalità, di emarginazione e degrado nel territorio di Licata ma soprattutto dei centri di Ravanusa e Campobello di Licata.
“L’estrema pericolosità manifestata dagli indagati, arrestati nelle operazioni di oggi e dello scorso ottobre, emerge con assoluta evidenza – rendono noto dal comando provinciale di Agrigento – dal possesso di armi da fuoco, dalla violenza e dal clima di intimidazione nei confronti delle persone offese, dalla occasionalità di alcuni episodi di reato contro il patrimonio che denotano una preoccupante facilità nell’aggressione fisica e nella commissione di reati di rapina, e soprattutto nell’episodio di tentato omicidio con una spranga di ferro ai danni di un cittadino extracomunitario ascritto a uno degli indagati, effettuato senza un reale movente”.
I nomi degli indagati
In carcere, su disposizione del gip del tribunale di Agrigento Micaela Raimondo, nell’ambito dell’inchiesta sull’incendio del deposito di Licata, sono finiti: Giuseppe Salvatore Barbera, 60 anni, di Campobello di Licata; Gioconda Stemma, 52 anni, di Campobello di Licata; Giuseppe Galiano, 47 anni, di Ravanusa e Maurizio Brancato, 49 anni, di Canicattì. Ai domiciliari, invece, Nicola Bostan, 39 anni, residente a Ravanusa; Marian Alexandru Buluc, 23 anni, residente a Ravanusa.
Obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per: Giovanni Galiano, 21 anni, di Ravanusa. Obbligo di dimora per:Francesco Salamone, 23 anni, di Ravanusa; Ion Acatrinei, 43 anni, residente a Ravanusa ed Emanuele Montaperto, 34 anni, di Campobello di Licata.
Lo scorso 16 ottobre, i carabinieri avevano già arrestato tre persone, una delle quali finita ai domiciliari, sempre in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari che aveva disposto la custodia cautelare in carcere per Carmelo D’Antona, 39 anni, di Ravanusa e Cristoforo Famà, 41 anni, di Licata. Ai domiciliari, con braccialetto elettronico, era stato invece posto Mario Antona, 24 anni, di Ravanusa. Quest’ultimo, nelle scorse ore, è tornato in libertà: i giudici del tribunale del riesame, pronunciandosi sull’istanza dell’avvocato Calogero Meli, hanno sostituito la misura con il doppio obbligo di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria.