PALERMO – Tutti condannati a pene pesantissime. Sono lo zio, il nonno e i genitori di due sorelline. I primi due sono stati condannati a 16 anni ciascuno per violenza sessuale. A padre e madre sono stati inflitti 12 anni e 12 anni e 8 mesi: sapevano, ma tacquero.
L’orrore emerse l’anno scorso, ma gli abusi per la più grande delle vittime erano iniziati nel 2015. “La mamma lo sa? Sì”, disse la sorella più piccola all’insegnante in scuola del paese in provincia di Palermo. “Al mio compleanno mio nonno mi ha dato un bacio in bocca e io gli ho dato uno schiaffo ed è successo un casino”, raccontò.
“Nel 2018 invece eravamo tutti a mare – aggiunse –. Ad un certo punto il nonno si tuffa e io che ero in acqua all’improvviso ho sentito da sotto qualcuno che mi toccava. Ho chiesto a mio cugino di prestarmi la mascherina con la quale poi sono riuscita a vedere che era il nonno che mi toccava sotto l’acqua”.
Non erano al riparo neppure a casa dei parenti: “… stavo giocando con il mio tablet a casa di mia zia. Zia era andata a fare la spesa e i miei cugini si erano addormentati. In casa c’era anche mio zio il quale mi ha detto di andare con lui che mi avrebbe fatto un regalo. Mi ha portato in un posto strano fuori casa… e mi ha spinta sul muro e mi ha tolto la maglietta e io mi sono messa a piangere fortissimo”.
“A mamma e papà ho raccontato tutto il giorno dopo dell’episodio di settembre 2015 che era successo con lo zio”, ma nulla cambiò. Le violenze andarono avanti: “Ero nella stanza di mio padre, c’erano i suoi giocattoli, le sue lenzuola, i suoi libri e le sue cose da piccolo. Mi capitava di dormire nel lettino di papà quando era giovane. Loro hanno chiuso la porta prima e poi io mi sono svegliata perché mi sentivo toccare e mi sono trovato mio zio e mio nonno di sopra”.
Il padre, già detenuto per reati contro il patrimonio, non è intervenuto, anni dopo si sarebbe reso responsabile degli stessi reati: “Papà nelle volte in cui mi chiedeva le prestazioni sessuali – ha spiegato la più grande – ed io mi rifiutavo cominciava a fare minacce del tipo che non mi avrebbe fatta uscire di casa o mi obbligava a fare le faccende domestiche. Capitava inoltre che mentre lavavo i piatti mi fotografava il sedere e mi inviava le foto magari del mio sedere con il messaggio: ‘Dai fammi entrare’”.
Una volta provò a resistere: “Lui reagiva picchiandomi e provocandomi un occhio nero e spezzandomi un dente che poi non mi ha fatto curare. Attualmente ho ancora l’incisivo spezzato”. Le ragazze, che oggi hanno 14 e 20 anni, sono ospiti di una comunità.