PALERMO – Ci sarà Matteo Salvini, ci saranno decine di giornalisti e probabilmente tanti militanti della Lega in segno di vicinanza al loro leader. Dopo tre anni e 24 udienze arriva il giorno della sentenza nell’aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo.
Si attendono delle repliche da parte dei pubblici ministeri per ribadire e tentare di puntellare la ricostruzione dell’accusa, poi i giudici del Tribunale presieduto da Roberto Murgia si ritireranno in camera di Consiglio.
La vicenda sarà affronta per ciò che è: un processo penale. Una parentesi perché dopo il verdetto lo scontro tornerà a spostarsi su terreni diversi. Si parlerà di magistratura politicizzata, di giustizia tradita o di verità che trionfa, di legge al di sopra della quale nessuno può pensare di ergersi o di quel giudice a Berlino che alla fine spunta sempre.
Tutto dipenderà dall’esito del processo, ma è facile immaginare i commenti che ne conseguiranno. Il vicepremier è accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per aver impedito lo sbarco a Lampedusa di 147 migranti soccorsi dalla ong spagnola Open Arms e rimasti in mare 19 giorni, nell’agosto 2019, quando Salvini era ministro dell’Interno (oggi è al dicastero dei Trasporti) nel primo governo di Giuseppe Conte.
Cosa rischia Salvini
Il procuratore aggiunto Marzia Sabella e i sostituti Calogero Ferrara e Giorgia Righi hanno chiesto la condanna a sei anni di carcere. I legali di alcuni dei naufraghi, parte civile, hanno invocato anche un risarcimento danni per una cifra che supera il milione di euro.
L’avvocato e senatrice della Lega Giulia Bongiorno, difensore di Salvini, ha chiesto l’assoluzione perché il ministro scelse di “tutelare i confini dello Stato”. Salvini ha già detto che, in caso di condanna, non si dimetterà.
Le tappe della vicenda Open Arms
La vicenda inizia l’1 agosto 2019 con il soccorso di 124 migranti in acque Sar libiche da parte della ong. L’equipaggio chiede l’assegnazione di un porto sicuro all’Italia e a Malta, ma riceve il divieto di ingresso in acque italiane dall’allora ministro dell’Interno che si muove in accordo con i colleghi 5Stelle della Difesa e dei Trasporti. Inizia il braccio di ferro con Open Arms.
Il 9 agosto gli avvocati della ong fanno ricorso al tribunale dei minori chiedendo lo sbarco dei migranti non ancora maggiorenni e presentano la prima denuncia.
Poche ore dopo viene soccorso un altro gruppo di 39 persone. La nave naviga verso Lampedusa e continua a chiedere a Malta e all’Italia l’assegnazione del porto sicuro. Contro il reiterato no del Viminale la ong ricorre al Tar del Lazio. Il presidente del collegio alla vigilia di Ferragosto sospende il divieto di ingresso.
Dopo due giorni, quando nel governo gialloverde c’è già aria di crisi, la Open Arms presenta un esposto alla Procura di Agrigento. Alcuni migranti, a bordo da 18 giorni, si lanciano in mare per raggiungere la costa. Il 20 agosto, quando la tensione è ormai altissima, l’allora procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio sale a bordo, parla di “situazione esplosiva” dal punto di vista igienico-sanitario, e sequestra l’imbarcazione.
Il fascicolo viene trasmesso per competenza a Palermo, sede del tribunale dei ministri. L’1 febbraio 2020 il collegio manda gli atti al Senato che vota sì per l’autorizzazione a procedere. Il 17 aprile 2021 il giudice per l’udienza preliminare Lorenzo Jannelli dispone il rinvio a giudizio. Il 15 settembre 2021 comincia il processo.
“La politica del Governo era di contrasto al traffico degli esseri umani e di coinvolgimento dell’Europa. Ho difeso la Nazione”, dirà ai giudici Salvini. “Intenzionale e consapevole spregio delle regole e diniego consapevole e volontario verso la libertà personale di 147 persone. Intransigente per il consenso elettorale“, sosterranno i pm.
Sequestro di persona
Due i capi di imputazione. Il sequestro di persona “per avere, nella sua qualità di ministro dell’Interno, abusando dei suoi poteri, privato della libertà personale 147 migranti di varie nazionalità giunti in prossimità delle coste di Lampedusa nella notte tra il 14 ed il 15 agosto 2019”.
Lungo l’elenco delle convenzioni internazionali e delle norme italiane in materia di soccorso in mare e di tutela dei diritti umani che, secondo i pm, Salvini avrebbe violato: Convenzione di Amburgo sulla ricerca ed il soccorso marittimi del 1979, United Nations Convention on the Law Of the Sea, sottoscritta nel 1982 a Montego Bay; art. 33 della Convenzione di Ginevra, art. 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea; art. 4 del Quarto Protocollo allegato alla Convenzione europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo. Oltre ad una serie di articoli di decreti legislativi interni.
Rifiuto di atti d’ufficio
Alla luce di tutto ciò, e siamo alla seconda contestazione di rifiuto di atti di ufficio, Salvini avrebbe “indebitamente rifiutato di esitare positivamente le richieste di porto sicuro (place of safety) inoltrate al suo ufficio di gabinetto da Italian Maritime Rescue Coordination Centre) in data 14, 15 e 16 agosto 2019, atto del suo ufficio che, per ragioni di ordine e sicurezza pubblica, di igiene e sanità, doveva essere compiuto senza ritardo”.