PALERMO – Il voto è segreto, ma non per tutti. A due giorni di distanza dall’elezione del presidente del Senato, i parlamentari grillini siciliani palesano il proprio voto. I primi sono stati Francesco Campanella e Ornella Bertorotta, ora è la volta degli altri quattro siciliani. Nunzia Catalfo, Fabrizio Bocchino, Mario Giarrusso e Vincenzo Santangelo. Ebbene, la pattuglia siciliana si è spaccata esattamente a metà: in tre hanno votato Grasso, e in tre hanno inserito nell’urna una scheda bianca.
Comunicano tutti tramite i social network. Il trapanese Santangelo e la catanese Catalfo usano la medesima formula da bollettino di guerra: “Relativamente alla mia votazione per la Presidenza del Senato, ribadisco di aver votato scheda bianca. Diffido i giornalisti dalla pubblicazione di notizie non supportate da mie dichiarazioni ufficiali”. Non solo, perché entrambi chiedono “l’immediata rettifica” di quanto riportato su diversi media “che hanno travisato – dice – la mia volontà di voto”. Pronti quindi a “intraprendere qualsiasi iniziativa legale”.
Rivendicano invece la paternità di un voto consapevole Fabrizio Bocchino e Mario Giarrusso. L’astrofisico palermitano non le manda a dire: “Ho votato Grasso. L’ho fatto perché sentivo insostenibile il peso di essere accostato, seppur lontanamente, all’elezione di Renato Schifani alla seconda carica dello Stato. Per me non è solo una questione politica, ma anche etica. Non condivido il punto di chi dice che la responsabilità della sua elezione sarebbe stata solo dei partiti. Non è così. Sarebbe stata anche mia”. Parole simili a quelle pronunciate da Mario Giarrusso. L’avvocato catanese incassa la solidarietà della Fondazione Caponnetto, per bocca del suo presidente Salvatore Calleri, che parla di una “campagna mediatica contro il senatore, storico collaboratore del giudice Caponnetto colpevole per qualcuno di aver votato e portato a votare una quindicina di senatori del M5S a favore del già procuratore antimafia Piero Grasso alla presidenza del Senato”. La fondazione, di cui Giarrusso è referente regionale, invita quindi il proprio esponente a “andare avanti secondo gli insegnamenti del giudice, a testa alta e schiena dritta”.
Proprio quest’ultima è la frase pronunciata nel suo discorso d’insediamento a Palazzo Madama da parte dello stesso Grasso. Proprio Giarrusso, per via della vicinanza ideologica con Pietro Grasso, era stato infatti considerato il capofila dei dissidenti grillini che hanno insistito per chiedere la libertà di voto per impedire l’elezione di Schifani: “Collaborare a questa infamia – scrive Giarrusso -, pur avendo la possibilità di impedirla, sarebbe stata una cosa insopportabile per la mia coscienza. Sarebbe stato come tradire tutta la mia vita, tutte le mie scelte, tutto quello che ho sempre ammirato e tutto quello in cui ho sempre creduto. Votare scheda bianca era per me assolutamente impossibile”.
Intanto, a poche ore dall’anatema lanciato da Beppe Grillo cambia posizione anche il capogruppo Vito Crimi, che aveva parlato della decisione presa a maggioranza di “non votare Schifani”. Il palermitano trapiantato a Brescia spiega come la posizione che aveva raccolto la maggioranza assoluta fosse quella di “non votare né Grasso né Schifani”, ma che ugualmente qualcuno abbia dichiarato a fine riunione che “malgrado la decisione non avrebbe mai e poi mai potuto essere complice dell’elezione di Schifani alla presidenza del Senato”. Della ‘sporca dozzina’ di senatori che hanno appoggiato Grasso sono usciti allo scoperto già in sette: i siciliani Francesco Campanella, Mario Giarrusso e Fabrizio Bocchino, il campano Bartolomeo Pepe, il calabrese Molinari ed i laziali Elena Fattori, Marino Mastrangeli e Giuseppe Vacciano. Oggi la resa dei conti, anche se all’orizzonte sembrano non esserci possibli espulsioni. Almeno per il momento.