PALERMO – Si è difeso, ma non ha convinto i pubblici ministeri. La sua versione viene definita “inverosimile” e tipica dell’ambiente mafioso in cui sarebbe maturata. Guido Ferrante, poliziotto del Reparto mobile, nei giorni scorsi è finito agli arresti domiciliari. È accusato di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra. Il Tribunale del Riesame sta valutando la sua richiesta di scarcerazione. Decideranno il prossimo 7 giugno. I pm hanno espresso parere negativo alla luce del suo interrogatorio perché, qualora venisse rimesso in libertà, Ferrante potrebbe reiterare il reato. Il difensore dell’indagato, l’avvocato Luca Benedetto Inzerillo, al momento, e in attesa della decisione del Riesame, preferisce non commentare.
La figura di Ferrante è entrata in gioco nella vicenda della richiesta estorsiva ai danni di Salvo Albicocco, titolare di una pasticceria in corso Calatafimi. Il commerciante, dopo avere ricevuto nel 2010 la visita degli uomini del racket, incontrò per strada Ferrante, che dimostrava di conoscere bene le dinamiche criminali della zona, dove un ruolo di primo piano avrebbe ricoperto Giusepe Zizo, titolare di un bar di fronte a quello di Albicocco. “Tu strada non te ne sei fatta? Penso di sì – spiegava Ferrante al pasticciere – è uscito fuori binario. Non si sta salvando nemmeno Gesù Cristo in questa zona…”. Ferrante sapeva che Zizo si era messo in testa di imporre il pizzo a tappeto. E metteva in guardia Albicocco. Non gli consigliava di denunciare, come un poliziotto avrebbe dovuto fare, ma di cercarsi un amico: “Salvi… io dico ma… vedi con chi devi parlare, perché io… purtroppo sai quale sono le cose della vita Salvi? Con questa gente attualmente uno ha solo da perdere; hai capito? Io te lo dico, te lo dico – proseguiva – perché ti rispetto come un fratello… uno a solo da perdere con questa gente qua. Fatti la strada… vedi che minchia vuole…”.
Perché quell’invito a “farsi la strada”? “Siamo amici da 15 anni”, si è difeso Ferrante nel corso dell’interrogatorio. Dunque, il suo sarebbe stato un “consiglio disinteressato”. Falso, secondo i pubblici ministeri Amelia Luise, Francesco Del Bene e Gianluca De Leo. Come dimostrerebbe il secondo, e ancora più esplicito, invito: “Vedi con chi devi parlare”? Il primo a non avere mai avuto dubbi sull’interpretazione da dare a quelle frasi è sato lo stesso Albicocco che, però, secondo Ferrante, avrebbe “frainteso”.
Altro passaggio contestato dai pm riguarda i rapporti fra Ferrante e Michele Armanno, arrestato con l’accusa di essere il reggente del mandamento di Pagliarelli. I due, assieme a Maurizio Lareddola, considerato il braccio destro di Armanno, condividerebbero affari nella compravendita di macchine usate. I tre sono stati intercettati. Ferrante si rivolgeva ad Armano chiamandolo “zio Michele”, lo salutava con il bacio, e gli avrebbe riconosciuto l’autorità di autorizzare l’apertura di nuove attività commerciali in zona: “Zio Michele, lei si ricorda al lavaggio che mi ha detto a me, dice Guido dice come mai non vuoi più aprire qua? Vedi che tu sei a posto, lo so che sono a posto” . Eppure, nel corso dell’interrogatorio, Ferrante ha sostenuto di non conoscere la caratura criminale di Armanno pur ricordando di avere letto i giornali che nel 2008, anno del blitz Perseo, lo piazzavano al vertice del clan di Pagliarelli.
Ecco perché la difesa di Ferrante viene considerata “inverosimile e contrastante”. Così come inverosimile sarebbe il suo racconto nella parte in cui sostiene di essere rimasto sorpreso dall’arresto di Marcello Argento, finito in cella nel blitz che ha colpito alcuni mesi fa il clan della Noce. Tesi che cozzerebbe con il contenuto di un sms in uscita dal telefonino di Ferrante: “Era prevedibile per Mar”.
I pm hanno pure contestato al poliziotto, mai impegnato in inchieste antimafia, di non avere denunciato che Zizo, o chi per lui, stesse chiedendo il pizzo ad Albicocco. Ferrante si è giustificato sostenendo che, se lo avesse fatto, avrebbe sconfinato il suo ruolo che non prevede compiti di polizia giudiziaria. Di avviso opposto i pubblici ministeri: un agente non deve occuparsi solo di pubblica sicurezza.