PALERMO – Dopo il verdetto di condanna all’ergastolo l’avvocato ha preso carta e penna per denunciare “un fatto increscioso”. Salvatore Ferrante del Foro di Palermo ha scritto al presidente della Repubblica, al ministro della Giustizia, al vice residente del Csm, al primo presidente della Suprema Corte di Cassazione e al procuratore generale.
Ergastolo per l’omicidio del boss
Il suo assistito, Fabio Fernandez, reo confesso dell’omicidio del boss Giuseppe Incontrera, assassinato nel rione Zisa a Palermo, nel 2022, è stato condannato con sentenza definitiva all’ergastolo. L’avvocato ha deciso di non proseguire la sua discussione, “che evidentemente in quel momento non interessava a nessuno”. A suo dire i magistrati erano indaffarati e distratti perché da lì a poco ci sarebbe stata la cerimonia di insediamento di Stefano Mogini, nuovo presidente aggiunto della Cassazione.

I fatti sono avvenuti l’11 dicembre scorso. Dopo la relazione del consigliere il presidente della prima sezione Monica Boni ha dato la parola al difensore il quale, così si legge nella lettera, “pochi
minuti dopo l’inizio della discussione, si accorgeva della palese distrazione di componenti del collegio, i quali salutavano con cenni della mano e sorrisi qualcuno dietro le sue spalle”.
La cerimonia e il borbottio di fondo
L’aula si era riempita di magistrati “i quali evidentemente erano lì per assistere alla cerimonia che a breve si sarebbe svolta”. “L’inevitabile borbottio di sottofondo” è diventato fastidioso. Quindi l’invito esplicito rivolto al legale affinché esponesse i contenuti sinteticamente per via della imminente cerimonia. Come dire, per la valutazione bastavano i motivi del ricorso già presentato per iscritto. Il legale ha spiegato che avrebbe parlato per pochi minuti ma “necessari dato che si stava discutendo un ricorso relativo ad un processo per omicidio dove l’imputato era stato condannato alla pena dell’ergastolo”.
“Non c’erano le condizioni per andare avanti”
Quindi l’avvocato Ferrante si è dovuto “rassegnare al fatto che non c’erano le condizioni per continuare, dato che i vari membri del collegio erano del tutto distratti, intenti a salutare in libertà chi stava entrando in aula, come se in quel momento non ci fosse un’udienza in corso”.
Qualcuno in aula avrebbe pure indicato l’orologio, “un segnale, poco garbato”. Quindi la decisione di fermarsi: “Ho capito, vi lascio alla vostra cerimonia, il ricorso ce l’avete, non mi resta che raccomandarvi di valutarlo con attenzione, perché una condanna alla pena dell’ergastolo merita attenta meditazione”.
“Sminuito il ruolo del difensore”
Il legale non ci sta: “Il ruolo del difensore è stato pesantemente sminuito, tra l’altro in un processo di estrema gravità, per favorire l’inizio di una cerimonia, di cui si comprende, comunque, l’importanza”. Si poteva rinviare la discussione per “mettere il difensore dell’imputato nelle condizioni di svolgere il proprio ministero. Probabilmente la discussione non avrebbe modificato l’esito del ricorso, lo scrivente non mette in dubbio che la Corte abbia valutato con attenzione i motivi su cui esso si fondava. Ma, allo stesso tempo, resta il forte rammarico di non avere potuto completare la sua discussione a discapito di un cittadino che dovrà passare il resto della sua vita in carcere e che si era rivolta alla Suprema Corte per avere giustizia”.
Ferrante sottolinea di non essere interessato all’avvio di una eventuale valutazione disciplinare o ispettiva. Non è questo il suo intento, “bensì, solo sollecitare una riflessione sull’accaduto, affinché fatti del genere non accadono più in futuro. Ho sempre avuto fiducia nella giustizia ed, in particolare modo, nella Suprema Corte. Ogni udienza dinanzi ad essa è sempre stata un’esperienza positiva, anche quando le proprie istanze non venivano accolte”.

