PALERMO – Il delitto non è aggravato dall’avere agevolato Cosa nostra né dal metodo mafioso. Ma mafioso è il contesto in cui sarebbe maturato l’omicidio di Enzo Fragalà. Così come mafiosi, conclamati o presunti tali, sono i protagonisti che ruotano attorno alla vicenda. A cominciare da chi avrebbe partecipato all’esecuzione: Franco Arcuri, condannato nel 2011 per avere fatto parte del mandamento di Porta Nuova. Gli investigatori lo piazzano al fianco dell’ex reggente del mandamento Gregorio Di Giovanni e molto legato ad Antonino Abbate, considerato il leader della famiglia mafiosa del Borgo Vecchio. Arcuri è grande amico di Gianni Nicchi, con cui ha trascorso le ultime ore da uomo libero del giovane latitante in giro per i locali della città. Ad Abbate è legato anche Antonino Siragusa. Nella sua fedina penale ci sono una sfilza di precedenti penali per furto, spaccio di droga, evasione e ricettazione. Nessun precedente per mafia, però. Uomo del pizzo, almeno questa è l’accusa che gli è costata una condanna, sarebbe Salvatore Ingrassia, sempre al soldo del mandamento di Porta Nuova.
Nelle carte che hanno portato al loro arresto il nome di Abbate fa capolino ripetutamente. Certamente è indagato, ma contro di lui non sono state acquisite le prove necessarie per incriminarlo del delitto di Enzo Fragalà. Le indagini proseguono anche e soprattutto sulla base di una telefonata. Alle 20 e 08 del giorno dell’omicidio, Abbate ha contatto Siragusa per chiedergli “ma che tempo perdi, siamo rimasti alle otto meno cinque”. Il telefonino ha agganciato la cella che serve anche via Nicolò Turrisi: ecco perché i carabinieri ipotizzano che Abbate abbia potuto svolgere un ruolo di copertura. E sarebbe lui l’uomo a cui Siragusa avrebbe rivolto un saluto mentre andava via dal luogo del delitto assieme a Ingrassia. Su di lui, però, non sono stati trovati i necessari riscontri. Come nel caso di Giuseppe Auteri, anche lui nella cerchia degli amici di Nicchi, che la pentita Monica Vitale tira in ballo pesantemente: “Parisi me lo ha confidato, guarda che si sono sbagliati perché quello è stato Francesco Arcuri con Autieri…”. Le dichiarazioni della Vitale da sole, però, non potevano bastare ad incriminare Auteri che resta indagato. Cosi come si continua a indagare su Tommaso Di Giovanni, arrestato due anni fa con l’accusa di essere il reggente del mandamento. “Io so soltanto che se loro hanno fatto questo visto che erano di la – ha messo a verbale la Vitale – solo il capo mandamento può fare ordine di questo… Di Giovanni…”.