Ministro Gianpiero D’Alia, quelli ferragostani sono stati giorni caldi nei rapporti tra il suo partito, l’Udc, e il governo e la maggioranza di Rosario Crocetta. Avete avuto modo di chiarirvi?
“Per me sono state cose enfatizzate. Io nella mia responsabilità di ministro della Pubblica amministrazione ho semplicemente chiarito quello che ho detto a tutte le altre regioni. E cioè che la legge anticorruzione non è un optional e tutte le regioni hanno l’obbligo di attuarla. E la Sicilia è in ritardo perché le misure sono entrate in vigore già da tre mesi. Tutto questo avrebbe aiutato e certamente aiuterà lo sforzo che il governo Crocetta vuole fare nella lotta alla corruzione. Non mi sembra che questo possa esere motivo di polemica. Poi se l’Assemblea regionale vuole ampliare le norme, ben venga, ma tutto questo non può che avere come presupposto l’attuazione della normativa anticorruzione nazionale. Pensi cosa vorrebbe dire costringere gli assessori e i dirigenti regionali a pubblicare in rete i propri patrimoni e redditi e quelli dei propri familiari. Già questo consentirebbe ai siciliani di sapere in quali settori ci possono essere elementi poco trasparenti”.
Insomma, nessuna polemica con il governo regionale?
“Io penso che sia meglio che uno le cose le dica anziché intervenire in via sostitutiva”.
E di questo ddl nato come antiparentopoli, divenuto poi ddl sull’incompatibilità e infine fatto a fettine dal commissario dello Stato, che ne pensa?
“Non conosco il dettaglio. Ma lo scopo è positivo: se l’idea è quella di evitare ogni forma di cointeressenza tra i deputati e chi gestisce attività economiche in rapporti stretti con la Regione, credo che i settori interessati non siano solo la formazione professionale ma penso che parecchio bisogna scavare ad esempio nel settore della Sanità. Su questo settore credo che uno sforzo il governo dovrebbe farlo. E visti i precedenti, va fatto senza guardare in faccia nessuno. Anche, eventualmente, parlamentari della nostra stessa maggioranza”.
Marco Forzese, dei Democratici riformisti, ha detto che l’Udc è una sorta di corpo estraneo alla maggioranza. Che cosa commenta?
“Io di politica regionale posso dir poco perché il comitato regionale ha eletto segretario Giovanni Pistorio ed è giusto che si occupi lui di queste. Mi consentirà, comunque, di non considerare le dichiarazioni del deputato catanese da lei citato, che è stato eletto nell’Udc e dall’Udc è stato designato presidente della commissione Afari Istituzionali, e poi, come si usa, ha cambiato partito”.
A proposito di Forzese: grazie alla sua astensione, le nomine dell’Irsap, su cui tanto si è polemizzato nei giorni scorsi, non sono state cassate dall’Ars. Che ne pensa?
“Non conosco i termini della questione. Ma faccio fatica a considerare uno come Rino Andreanò un alfiere del cambiamento”.
Per l’Udc è stato un anno complicato, con scissioni e fuoriuscite eccellenti. Qual è lo stato di salute del partito?
“L’Udc è vivo e vegeto. Siamo uno dei partiti che ha organizzato il governo delle larghe intese. In Sicilia lo stato di salute del partito è assolutamente florido. Abbiamo fatto un’assemblea regionale con più di mille persone e adesso, dopo l’elezione del nuovo segretario, stiamo avviando una riorganizzazione sul territorio”.
E il rapporto con il governo Crocetta come va?
“L’Udc come è noto ha voluto fortemente la candidatura di Crocetta ma non è un partito di centrosinistra. Abbiamo fatto un patto civico su Crocetta, a cui vogliamo bene, sulla base di un programma di riforme relative al risanamento economico e finanziario della Regione e a una riforma amministrativa della Regione e degli enti locali. Che passa anche da un decentramento dalla Regione verso i liberi consorzi di Comuni e le città metropolitane”.
Ma qual è il suo giudizio su questi primi mesi di governo Crocetta? Il patto che avevate sottoscritto è stato rispettato?
“Si è sulla carreggiata giusta. Non c’è dubbio che questo governo ha dovuto affrontare questioni delicate e complesse. Oggi il primo banco di prova importante è rappresentato dalle proposte che l’Udc e l’assessore Valenti hanno portato in giunta e che riguardano i disegni di legge di istituzione dei liberi consorzi e di riforma amministrativa della Regione. Su questo terreno misureremo il livello di efficienza della maggioranza”.
Serve un rimpasto secondo lei?
“Anche questo è materia che non mi apparitene più. Non rientra più nel novero delle mie competenze. Chiedete a Giovanni Pistorio”.
Parliamo allora del governo nazionale di cui lei fa parte. Sull’esecutivo spirano venti non troppo incoraggianti. Sopravviverà il governo Letta?
“Io sono ottimista di natura: una crisi di governo al buio sarebbe un atto di follia. E chiunque ne dovesse essere causa ne pagherebbe le conseguenze. Noi dobbiamo affrontare passaggi cruciali, tra i quali la legge di stabilità, che servirà per introdurre riforme strutturali oltre che per proseguire il risanamento di bilancio. E po c’è la vicenda dell’Imu e dell’Iva: se saltasse il governo, salterebbe tutto questo, mettendo un ginocchio il paese. Non credo che qualcuno lo voglia. Da questo punto di vista sono moderatamente ottimista. Certo, la vicenda di Berlusconi pesa. Affrontarla nella sede costituzionalmente preposta, ossia la giunta del Senato, e non sulla stampa, mi sembra un atto di buon senso”.
Dal Pdl però fin qui si è sentita suonare un’altra musica…
“Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Il problema è rappresentato dai falchi che stanno nel Pdl e nel Pd e che vogliono tornare alle elezioni per un calcolo di convenienza politica”.
Voi sperate ancora nella nascita di un soggetto politico che si richiami al Partito popolare europeo riunendo i moderati. Avverrà mai?
“Alle ultime elezioni amministrative il 50 per cento degli elettori non è andato a votare. Alle Politiche l’area moderata si è divisa tra più offerte politiche. Oggi non c’è più il bipolarismo, ci sono almeno quattro poli, forse di più, se pensiamo al divorzio che si è consumato tra Lega e Pdl e tra Sel e Pd sulla nascita del governo. Dobbiamo costruire un nuovo sistema politico. D’altronde su questa questione centrale è nato il governo Letta”.
Finché resta Berlusconi in campo non sarà facile, non crede?
“Le cose non sono mai facili”.
Insomma, per Gianpiero D’Alia il governo Letta ce la fa e il governo Crocetta pure. Ma davvero non ha appunti da muovere alla giunta regionale?
“Non mi sembra corretto farlo, non essendo più segretario regionale. Come ho già detto, noi stiamo fuori dal centrosinistra, e quindi ci interessa che si concordino i provvedimenti che servono alla Sicilia. Però quello che le ho detto qualche mese fa in un’intervista pesa in qualche modo. La ‘rivoluzione’, come la chiama Crocetta, non può essere zavorrata da chi in questi anni si è opposto al cambiamento. E purtroppo nella nostra maggioranza abbiamo un po’ di avventizi che pensano, nella logica del Gattopardo, che tutto debba cambiare perché non cambi nulla. Pensiamo che Crocetta anche col nostro conforto possa andare avanti sulla strada del cambiamento”.
Lei quattro mesi fa parlò a Livesicilia di “mercenari”, scatenando una polemica molto aspra.
“Purtroppo il male vero della politica siciliana è il trasformismo. A quanti cambi di casacca abbiamo dovuto assistere? E non solo adesso, non è certo un fenomeno che è cominciato in questi mesi. Questo non depone bene e non fa il bene della poltiica siciliana. Perché se cambi casacca e non lo fai per convinzione, lo fai per convenienza, per tutelare degli interessi”.
Peraltro così quest’anno avete perso un bel po’ di deputati regionali…
“Non so se abbiamo perso o abbiamo guadagnato”.