PALERMO – Sono rimasti a discutere fino alle 3 di notte. E poi di nuovo, stamattina, in un ping pong di telefonate, incontri, discussioni. Con un elemento sul tavolo: la conta interna al gruppo. Perché nel Pd, all’indomani dello strappo di Rosario Crocetta, sono iniziati i calcoli interni: i cuperliani, che all’Ars possono contare su una pattuglia di nove fedelissimi, hanno l’intenzione di andare allo scontro e si considerano già all’opposizione di un governo che – è questo il calcolo che si fa nella corrente arrivata seconda alle Primarie di dicembre – senza il loro appoggio sarebbe minoritario. Proprio in questi minuti i cuperliani ne stanno discutendo in una riunione a ranghi compatti.
L’altro elemento è quella che un maggiorente del partito chiama senza giri di parole “la caccia al traditore”. Perché se è chiaro l’appoggio dei renziani al governo, meno definita è la posizione dell’AreaDem, quella che fa capo a Giuseppe Lupo: in molti, fra i cuperliani, leggono nella nomina di Roberto Agnello, vicino all’ex segretario regionale, un segnale difficilmente fraintendibile del sostegno al governo da parte dei franceschiniani, ma l’appoggio non è ancora stato esplicitato.
L’AreaDem, però, non smentisce. Ieri pomeriggio, quando la temperatura dello scontro si è alzata, Lupo è andato dal segretario regionale Fausto Raciti per invitarlo a chiudere subito la partita. Un tentativo di mediazione che non ha sortito effetti, con l’area Cuperlo decisa ad attendere oggi, quando sulla carta doveva essere celebrata la direzione regionale, ma forse anche domani, quando le liste per le Europee dovranno essere discusse in direzione nazionale. Non un elemento da poco: i cuperliani, sibilano gli oppositori di Raciti, vogliono la garanzia di una candidatura per Antonello Cracolici e di un “no” per Beppe Lumia. Il niet opposto dal segretario regionale alla mediazione proposta dal suo predecessore, quindi, avrebbe di fatto spinto l’AreaDem ad “accettare l’invito di Roma”, per usare le parole che i franceschiniani adoperano per spiegare la propria posizione.
I renziani, intanto, aspettano. La forzatura di Davide Faraone, dapprima smentito da Roma e poi “benedetto” con un’ambigua dichiarazione rilasciata dal Nazareno all’AdnKronos (“Del governo Crocetta si occupano Davide Faraone per la segreteria nazionale e Fausto Raciti per quella regionale”, è stata la presa di posizione dell’entourage di Matteo Renzi), ha provocato di fatto l’annullamento della direzione regionale prevista per oggi, definita “superflua” in mattinata da Raciti. Una mossa che conviene a tutti: ai renziani, convinti di poter fare valere le proprie ragioni in direzione nazionale, e ai cuperliani, che sin dall’inizio vogliono chiudere la partita Europee prima di quella sul rimpasto.
Ma le novità di ieri hanno cambiato il quadro. E in mattinata, con la nota che ha annunciato l’annullamento della direzione, il segretario regionale ha messo sul piatto il non detto di questi giorni, il rischio frantumazione: “Con il meschino tentativo di spaccare il Pd – ha messo nero su bianco Raciti – Crocetta e chi lo segue si assumono una gravissima responsabilità politica che non passerà inosservata”. “Chi lo segue”, cioè Davide Faraone ma in fondo anche Beppe Lumia.
Perché nel Pd più di un dirigente parla esplicitamente di “metodo Lombardo”. Cioè la linea di condotta tenuta dal predecessore di Crocetta, abile a cambiare maggioranze lasciando macerie nei partiti che lo sostenevano. La partita è tutta lì: se l’area Crocetta-Renzi può contare su sei deputati (lo stesso governatore, i renziani Fabrizio Ferrandelli, Giuseppe Laccoto e Gianfranco Vullo e i nuovi acquisti Baldo Gucciardi e Antonella Milazzo), la pattuglia di Lupo può fare affidamento su tre o quattro persone (oltre all’ex segretario, Anthony Barbagallo, Marika Cirone Di Marco e forse Franco Rinaldi, che ha sostenuto Lupo alle Primarie regionali ma che è stato colpito ripetutamente, insieme col cognato Francantonio Genovese, dagli strali di Crocetta). Ne restano 9, che a meno di defezioni dovrebbero passare all’opposizione: Mario Alloro, Giuseppe Arancio, Antonello Cracolici, Giuseppe Digiacomo, Mariella Maggio, Bruno Marziano, Filippo Panarello, Giovanni Panepinto e Concetta Raia. Con questi numeri la maggioranza non ci sarebbe: ammesso che i dieci deputati renziani e “lupiani” stiano con Crocetta, il governo potrebbe contare su 41 parlamentari (oltre ai 10 democrat, 8 dell’Udc, 5 “megafonisti”, 10 di Articolo 4 e otto democratico-riformisti). “Forse qualcuno cercherà di fare campagna acquisti – attacca uno degli uomini più vicini a Raciti – ma la spina dorsale del governo, il Pd, non sta più con Crocetta”. O forse, più semplicemente, non esiste più come partito unitario. Lo si capirà nelle prossime ore.
AGGIORNAMENTO: Conclusa la riunione dell’area Cuperlo. Il documento conclusivo definisce il rimpasto “un atto di rottura unilaterale nei confronti del segretario regionale e del partito siciliano. Un gesto improvvisato e irresponsabile che, spaccando i partiti della maggioranza, rischia di far sprofondare la Sicilia in un pantano politico il cui responsabile ha un nome e un cognome: Rosario Crocetta”. Nel corso dell’incontro è emersa una “bocciatura senza appello” verso quello che viene definito “lo strappo del governatore, dovuto al tentativo di nascondere i suoi limiti”. I cuperliani, quindi, si schierano all’opposizione, dove ritengono di poter attirare altri parlamentari renziani e di AreaDem.