Caro Renzi, di’ qualcosa di Sicilia | Non possiamo più aspettare - Live Sicilia

Caro Renzi, di’ qualcosa di Sicilia | Non possiamo più aspettare

Oggi a Palermo torna a farsi vedere il premier. Che è anche il segretario del Pd. E in questa veste farebbe bene a prendere in mano l’enorme frittata che il suo partito e il governatore hanno combinato in Sicilia, impantanando la Regione.

PALERMO – La scena è di quelle entrate di diritto nella memoria collettiva. Nanni Moretti allora sedicente splendido quarantenne si scaldava davanti alla tv guardando D’Alema esitare in un confronto tv. “Di’ qualcosa di sinistra”, implorava avvilito Nanni, rivolto al televisore. Oggi Matteo Renzi è a Palermo, per una gradita visita nel nome di Padre Puglisi, e ci viene in mente chissà perché proprio quella scena. Ma a Renzi, quello che vorremmo chiedere, parafrasando Moretti con una piccola licenza, è di dire qualcosa… di Sicilia. È facile, certo, aspettarsi che il premier attinga al suo fresco repertorio di retorica del #cambiaverso per dir qualcosa che riguardi l’Isola, il suo passato sanguinante e il suo futuro incerto. Lo farà Matteo, questo è pacifico, shakerando speranza, nuovismo e quel pizzico di simpatica presunzione, quella sicumera spaccona del giovane fenomeno che “non accetta lezioni” (è questo ormai il suo consolidato ritornello) da nessuno. E sia, per carità, anche se il non accettar lezioni può diventare la strada maestra per non imparar mai nulla. Non è questo però ciò che intendevamo quando chiedevamo a Renzi di parlare di Sicilia.

Perché di Sicilia lo abbiamo già sentito parlare, il Matteo. Della necessità di spendere i soldi che ci sono per recuperare il gap, e non sprecare un’ occasione d’oro. Lo ha detto già, Renzi. Ed è stato conseguente, incalzando la Sicilia lumaca, sia sui soldi dell’Europa sia sulle risorse statali, cominciando a punire chi non spende – come Livesicilia ha raccontato in anteprima – e instaurando su questi temi una sorta di commissariamento dolce. Che può essere certo una buona notizia, pur serpeggiando inevitabile il sospetto che dietro la mossa si celi l’ennesima fregatura di uno Stato che alla fine quei soldi ce li toglierà per farne altro e altrove.

Ma questo potrà dirlo solo il futuro, nel presente l’azione di supplenza del governo nazionale è difficilmente criticabile vista l’inerzia della gestione sicula. Ma non è di questo che parlavamo quando chiedevamo a Renzi di dire qualcosa sulla Sicilia. Lo farà da premier, senz’altro. Ma, va detto, è ormai improcrastinabile che lo faccia anche da segretario del Pd. Carica che ha voluto mantenere e che richiede, anzi pretende, una parola decisiva sul pantano in cui il suo partito si è ingolfato in Sicilia e con esso la giunta e la Regione tutta. Le questioni aperte dentro il Pd isolano non sono più una rogna di partito, sono un problema dei siciliani. Li condannano ad assistere impotenti a un quotidiano teatrino di faide e tatticismi in cui si perdono le – ahinoi – poche energie a disposizione di questa terra.

La lunga crisi del Pd è la testata d’ angolo su cui poggia l’intera fallimentare esperienza di questa legislatura e di questo governo. Gli ingredienti sono noti: lo scontro tra una grande parte del partito e il suo presidente della Regione, la scarsa inclinazione di quest’ultimo al gioco di squadra col suo partito, la penuria di leader, l’incapacità conclamata dell’ala “governativa” del partito a costruire una qualche soluzione, la pervicacia e la voglia di giocare al tanto peggio tanto meglio di una parte della riottosa minoranza, la spregiudicatezza politica che ha caratterizzato sia l’ultimo congresso sia la sua negazione rappresentata dalla nascita del Crocetta bis, l’inconsistenza al limite dell’ irrilevanza degli alleati, e la frittata è completa. La conseguenza è quella di avere un governo che arranca in una Regione con indicatori economici da tragedia greca. Una giunta con ben tre assessori sotto scopa, con mozioni di censura che pendono sulla loro testa sostenute da pezzi significativi di maggioranza. E con un quarto assessore con la valigia già pronta per una vicenda dietro la quale tanti denunciano vi siano poco edificanti interessi locali.

E con un presidente della Regione che resta in piedi solo perché garantito dal terrore delle urne e dall’istinto di sopravvivenza della poltrona degli inquilini di Palazzo d’Orleans. Potranno pure sembrarti miserie marginali, caro Matteo, per te che devi giocarti la tua partita, cruciale per i nostri destini, con Angela Merkel e Mario Draghi. Ma sarebbe ora che qualcuno dei tuoi trovasse il coraggio di spiegarti che qualsiasi promessa, buona intenzione o segno di vicinanza tu voglia manifestare ai siciliani, questa sarà sempre insufficiente e vana fintanto che il partito che tu guidi non risolverà il problema politico della Sicilia e metterà le istituzioni regionali nelle condizioni di combinare qualcosa, magari sfruttando con intelligenza la sinergia col tuo governo. Certo, capiamo bene che deprime passare dal tavolo internazionale che ti ha visto giocare la partita della Mogherini, allo sgangherato tavolino di Crocetta e compagni, ma questo passa il convento. E noi non possiamo davvero più aspettare.


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