Il caso del 'fedelissimo' di Diabolik | La moglie-avvocato rinuncia - Live Sicilia

Il caso del ‘fedelissimo’ di Diabolik | La moglie-avvocato rinuncia

L'ultimo identikit del super latitante Matteo Messina Denaro

Protagonista della singolare vicenda è Lorenza Guttadauro, nipote di Matteo Messina Denaro. Il suo ex cliente, ed attuale marito, è Luca Bellomo, finito in carcere a metà novembre con l'accusa di essere l'ultimo ambasciatore del padrino latitante. La sua rinuncia al mandato ha evitato il corto circuito giudiziario (leggi qui il servizio).

PALERMO – Alla fine il legale ha fatto un passo indietro, rinunciando a difendere il marito ed evitando il corto circuito. Protagonista è Lorenza Guttadauro, nipote di Matteo Messina Denaro. Il suo ex cliente, ed attuale marito, è Luca Bellomo, finito in carcere a metà novembre con l’accusa di essere l’ultimo ambasciatore del padrino latitante. Adesso è assistito dall’avvocato Luigi Miceli.

Il giudice per le indagini preliminari Nicola Aiello, pur respingendo l’istanza di incompatibilità avanzata dai pubblici ministeri, non era stato tenero nei confronti del legale. Secondo il pm Maurizio Agnello, si sarebbe potuto ipotizzare l’ipotesi di favoreggiamento, non punibile solo perché commesso da un familiare. La Guttadauro si era mostrata preoccupata “di garantire un alibi coerente al marito, attraverso le proprie conversazioni telefoniche”. Il riferimento era alla rapina messa a segno il 4 novembre 2013 ai danni del deposito Tnt di Campobello di Mazara. Un reato contestato anche a Bellomo che quella notte non rincasò. Contattata all’indomani dalla madre Rosalia Messina Denaro, la Guttadauro spiegava che il marito “questa notte dico, si è lamentato, si è risvegliato” tirando in ballo problemi di salute, tanto che la madre aggiungeva: “… ma che cosa è potuto essere dal momento, che già tutte le cose che gli hanno fatto e bene o male non c’era nulla, bo”. E l’avvocatessa aggiungeva: “Io naturalmente mi sono alzata tipo, in diversi orari, tipo, magari, però insomma la salute è la prima cosa…”.

E l’accusa tuonò: “Non può difendere il marito”. Il Gip Aiello respinse l’istanza di incompatibilità perché vietarle di assisterlo avrebbe violato il diritto di difesa che, Costituzione e codice di procedura penale alla mano, consente ad un’indagato di nominare due avvocati. La conseguenza sarebbe stata la nullità dell’interrogatorio di garanzia. Una decisione inevitabile quella del giudice nei confronti del quale alcuni indagati, in fase di interrogatorio, hanno mostrato un atteggiamento minaccioso e irriverente meritevole di un approfondimento da parte dei colleghi di Caltanissetta, a cui sono stati trasmessi gli atti.

Il pubblico ministero Maurizio Agnello, che coordina le indagini assieme all’aggiunto Teresa Principato e al sostituto Carlo Marzella, ha spedito l’ordinanza al Consiglio dell’ordine degli avvocati di Palermo, a cui la Guttadauro è iscritta, per valutare l’eventuale profilo disciplinare del suo operativo. L’ordine, con l’arrivo del 2015, non è più competente in materia. L’onere è passato ad un apposito consiglio distrettuale.

Risolto un caso, resta da capire cosa deciderà la Guttadauro per altri due clienti-parenti: la zia Anna Patrizia, sorella di Messina Denaro, e il fratello Francesco, arrestato nei mesi scorsi con l’accusa di essere il braccio operativo del capomafia. Francesco Guttadauro è al 41 bis come il padre Filippo, accusato di essere uno dei postini di Bernardo Provenzano.

 

 

 


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