PALERMO– Giuseppe Di Lello Finuoli non è mai stato un uomo per tutte le stagioni. Membro storico del pool antimafia, critico del processo sulla ‘Trattativa’, personaggio controcorrente e testa pensante.
In una intervista a questo numeo di ‘Panorama’, si spinge fino ad attaccare certi vezzi di una certa magistratura e di una certa politica. Cominciando dalla nomina di Francesco Lo Voi, nuovo procuratore di Palermo, su cui si sono abbattuti gli strali di una parte riconoscibile di stampa e di opinione pubblica. A proposito, Di Lello dice: “La caccia agli scheletri nell’armadio non sembra essere stata fruttuosa”. A riguardo della ‘Trattativa’ e delle ‘icone dell’antimafia’, il giudizio è netto: “Su Ciancimino jr ci sarebbe da scrivere un romanzo. Io ho sempre sostenuto che in un Paese normale, regolato dallo Stato di diritto, uno come lui non lo avrebbero preso nemmeno come testimone di nozze”.
Ma le frecciate più corpose, l’ex magistrato Di Lello le riserva ai magistrati, partendo da una domanda sulla loro presenza nella pubblica amministrazione, in ruoli ispettivi. Dice Di Lello: “Credo che ai magistrati dovrebbe essere impedito nel modo più rigoroso di fare questo ‘doppio lavoro’ e comunque di passare agevolmente dalla funzione giudiziaria a quella di supporto a funzioni amministrative, specie nei ministeri e negli enti locali e poi di nuovo alle funzioni giudiziarie. Qualcosa si sia facendo, ma gli interessi delle corporazioni sono troppo forti”. Il giudizio finale sulla casta è deciso: “Se avanzi critiche ti accusano ancora più di prima di volere delegittimare la magistratura”.