Processo Borsellino, un imputato: | "Mi costrinsero a mentire" - Live Sicilia

Processo Borsellino, un imputato: | “Mi costrinsero a mentire”

Paolo Borsellino

A rivelarlo, alla Corte d'Assise di Caltanissetta che celebra il quarto processo per l'eccidio costato la vita al giudice Paolo Borsellino e alla sua scorta, è il falso pentito Francesco Andriotta, imputato per calunnia assieme a Vincenzo Scarantino e Calogero Pulci.

Caltanissetta
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CALTANISSETTA – “Arnaldo La Barbera mi promise che mi avrebbero tolto l’ergastolo sostituendolo con una pena tra i 17 ed i 18 anni e mi avrebbero fatto entrare nel programma di protezione e che sarei stato trasferito negli Stati Uniti se avessi dichiarato quello che mi diceva di dire sulla strage di via D’Amelio. Quando ero detenuto a Busto Arsizio nel’93 incontrai lui ed il dottor Ricciardi nell’ufficio del comandante della Polizia penitenziaria del carcere. Io dissi che non sapevo nulla, ma lui disse ‘vogliamo che confermi le certezze che abbiamo noi, che tu metta Scarantino con le spalle al muro in modo che confessi il furto della 126 usata per la strage”.

A rivelarlo, alla Corte d’Assise di Caltanissetta che celebra il quarto processo per l’eccidio costato la vita al giudice Paolo Borsellino e alla sua scorta, è il falso pentito Francesco Andriotta, imputato per calunnia assieme a Vincenzo Scarantino e Calogero Pulci. Alla sbarra anche i boss di Brancaccio Salvo Madonia e Vittorio Tutino che rispondono di strage. Andriotta fu detenuto insieme a Scarantino nel periodo successivo all’attentato. “Inizialmente rifiutai – ha aggiunto Andriotta – ma loro (l’ex questore Arnaldo La Barbera e il funzionario di polizia Vincenzo Ricciardi, ndr) dissero che erano sicuri al cento per cento che Scarantino fosse colpevole. Dissero che mi avrebbero dato loro i nomi da fare e poi aggiunsero ‘torna in carcere e pensaci, ma non pensare troppo perché in carcere si può scivolare e restare a terra’. Ricordo che in un’occasione mi fecero uscire nudo all’aria aperta e mi misero un foulard intorno al collo come un cappio”. Andriotta, collegato in videoconferenza con la Corte d’Assise, ha proseguito: “Scarantino diceva sempre di essere innocente. Dalla mia cella sentivo che lo pestavano, mi raccontò pure che gi fecero mangiare del cibo con dentro urina e che tra coloro che lo picchiavano c’era pure La Barbera. Alla fine mi feci ammorbidire, ho sbagliato dichiarando delle cose false e chiedo perdono a tutti”. Le false dichiarazioni dei sedicenti collaboratori di giustizia sono costati a otto innocenti, ora in attesa del processo di revisione, la condanna all’ergastolo. (ANSA)


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