PALERMO – Oggi è stato il giorno di Ingroia. Ieri, quello di Crocetta, convocato nella caserma della Guardia di Finanza, mentre a Palazzo d’Orleans i vertici della Regione si guardavano negli occhi per provare a risolvere questo pasticcio. Il giorno prima, era toccato, in Procura, all’ex ragioniere generale Mariano Pisciotta. Il tema, sempre lo stesso: Sicilia e-Servizi.
Domenica sera si è spenta l’amministrazione regionale. Un black out informatico durato fino all’ora di pranzo del lunedì. Sedici ore senza la possibilità di accedere al Cup (centro unico per le prenotazioni finanziarie), ai dati anagrafici dei pazienti, al software che gestisce il 118, mentre saliva la paura su possibili ritardi persino nell’erogazione degli stipendi. Tutte attività gestite, appunto, dalla società dell’informatica, da anni al centro di polemiche, critiche e indagini delle Procure (comprese quelle contabili).
La società, però, con l’avvento di Crocetta, dopo varie peripezie, una liquidazione e una resurrezione, la creazione di un ufficio interno dell’Informatica che di fatto non si entrerà mai a pieno regime, era diventata completamente pubblica. Scaduto il contratto con i soci privati, che l’avevano guidata insieme alla Regione per circa 8 anni, il governo regionale ha deciso di trasformare Sicilia e-Servizi in un’aziende sostanzialmente “in house”. Tutto nelle mani pubbliche. E allora, chi ha spento la Regione due giorni fa?
“Questa è una vicenda pirandelliana”, ha commentato Rosario Crocetta dopo essere stato sentito dai magistrati palermitani nell’ambito dell’inchiesta sulle assunzioni di 76 ex dipendenti delle società private che rappresentavano fino a un anno e mezzo fa il 49 per cento della società partecipata mista. Oggi è stato interrogato Ingroia che si è presentato davanti ai suoi ex colleghi Dino Petralia e Maria Teresa Malagno nella caserma della Guardia di finanza. Si è difeso parlando di assunzioni “necessarie” a Sicilia e-Servizi e ha contrattaccato sostenendo di avere trovato al suo arrivo una “situazione disastrosa” che altri e non lui hanno provocato. Il tutto è finito in un esposto che lo stesso Ingroia ha presentato in Procura nei mesi scorsi.
“Una vicenda pirandelliana”, ha detto a caldo il governatore. E non ha tutti i torti. A guidare l’azienda sono uno, nessuno e centomila. L’amministratore sarebbe “unico”, in effetti: Antonio Ingroia. Ma i privati, formalmente fuori dall’azienda, posseggono ancora le chiavi per far funzionare tutta la struttura. A più di un anno e mezzo dal loro addio. È come, insomma, se uno di noi vendesse casa, ma il vecchio inquilino possedesse le chiavi e la libertà di entrare e uscire quando vuole. I server, quelli sono ancora in mano alle società estromesse da Sicilia e-Servizi. Non è stato ancora compiuto, infatti, il trasferimento in Sicilia dei dati finora custoditi in Valle d’Aosta. Privati che “rivendicano” – a torto o a regione – crediti nei confronti della Regione di circa 100 milioni di euro. Dovuti a servizi non ancora pagati dall’amministrazione regionale o anche per costi relativi, appunto, alla gestione del server. E il paradosso pirandelliano è proprio lì. Perché l’interrogatorio di oggi a Ingroia, così come quello di ieri a Crocetta e quello di due giorni fa a Pisciotta (sentito per quattro ore in Procura e assistito dall’avvocato ed ex ‘braccio destro’ di Crocetta, Stefano Polizzotto) gira attorno alla stessa vicenda: quelle strane assunzioni in Sicilia e-Servizi, decise con una delibera di giunta che fa seguito a un parere positivo dell’Avvocato dello Stato Dell’Aira.
Una decisione, avrebbe ribadito ieri il governatore Crocetta ai magistrati palermitani, che avrebbe evitato guai peggiori “Il reato (gli viene contestato l’abuso d’ufficio ndr) sarebbe stato commesso – ha detto Crocetta – solo se si fosse prorogato l’affidamento alla società senza gara pubblica o se si fosse interrotto il pubblico servizio, cosa che sarebbe accaduta se non avessimo assunto quel personale, unico ad avere competenza a gestire i flussi informatici”.
Ma la teoria dell’emergenza, ribadita di fronte ai pm che stanno portando avanti l’indagine penale, non ha convinto, ad esempio, i magistrati contabili, che hanno invece “rinviato a giudizio” Crocetta, Ingroia, l’Avvocato dello Stato Dell’Aira, sei ex assessori della giunta e alcuni dirigenti, per un presunto danno all’erario. Mentre la posizione dello stesso Pisciotta, così come quella dell’ex dirigente dell’Ufficio per le partecipate, Rossana Signorino, si sarebbe alleggerita: quei burocrati sarebbero stati gli unici a sollevare dubbi sulle assunzioni.
Quelle assunzioni, però, secondo Crocetta e Ingroia andavano fatte comunque. Per evitare la paralisi della Regione. Ma per il sostituto procuratore regionale della Corte dei Conti, Gianluca Albo quella dell’emergenza è “una spiegazione che non regge, visto che, di fatto, i privati stanno ancora gestendo questi servizi. Mentre i dati che erano in un server in Valle d’Aosta non sono ancora stati trasferiti in Sicilia. Non vi era, insomma, alcuna urgenza che giustificasse quelle assunzioni”. Frasi pronunciate poco meno di un mese fa in occasione dell’udienza nei locali della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti, in via Cordova. Quando sono state ribadite le contestazioni di danno erariale: 265 mila euro a Crocetta, 100 mila a Ingroia, così come l’avvocato dello Stato, Massimo Dell’Aira, che aveva firmato il parere favorevole sulle assunzioni. Ammonta a circa 50 mila euro ciascuno il presunto danno contestato agli ex assessori Scilabra, Valenti, Stancheris, Cartabellotta, Bonafede e Bartolotta.
Parole, quelle di Albo, confermate anche dall’ex amministratore di Sicilia e-Servizi, Emanuele Spampinato: “Ingroia ha detto – spiegò a Livesicilia qualche mese fa – che quelle assunzioni erano necessarie per evitare il blocco di una serie di delicatissime attività. Ma questa affermazione è falsa. A gestire tutto – ha spiegato – sono ancora i privati di Engineering. E il server è ancora in Valle d’Aosta. I privati, insomma, in attesa che si chiuda il contenzioso con la Regione, stanno continuando ad assicurare il servizio. Un fatto che potranno far valere in occasione appunto del giudizio”. Parole che hanno finito rappresentare il “presagio” di ciò che sarebbe successo pochi giorni fa. I privati che “staccano la spina” alla Regione. Una Regione che “dipende” dalle società di cui formalmente si è liberata. Salvo “riassumere” i lavoratori di quelle spa. Le stesse che adesso vogliono indietro 100 milioni. Sempre se la Regione – che dice di controllare la partecipata – non voglia essere lasciata al buio un’altra volta.