Ho letto quanto scritto dal Sottosegretario Faraone sulla rivoluzione di Crocetta, nemica del cambiamento.
Ciò che si sostiene in quella lettera è, per un verso, il segnale chiaro che nel Paese e in Sicilia esistono due PD e, per l’altro, come il recente dibattito d’aula sull’acqua, surreale in alcuni passaggi, abbia fatto emergere con nettezza quanto segue: mentre dalle parti del governo e della maggioranza ci si è arroccati su preistoriche battaglie ideologiche, l’opposizione, responsabilmente, ha proposto modifiche moderne, al passo con la legislazione vigente in Italia ed in Europa e utili unicamente ai cittadini, non raccolte da un asse vetero PD – confusa Udc, che ha partorito (la dicotomia è voluta) una legge aborto!
Sempre più spesso Renzi a Roma e Faraone in Sicilia dicono cose che è difficile non condividere, almeno sotto il profilo dei principi: sì al confronto sui contenuti, senza pregiudizi o tabù; no alla schiavitù delle ideologie, che paralizza il cambiamento e le vere riforme. Vado subito al nodo: cosa c’entra oggi Faraone e, dunque, Renzi con la gestione di un Partito Democratico che all’ARS si è fatto paladino urlatore del motto chiave farlocco “l’acqua deve essere pubblica!”.
Abbiamo ripetuto in Aula, ad interlocutori sordi, ancorati a una ideologia che si contrappone strenuamente alla serena “laicizzazione” del dibattito sulle riforme, che l’acqua era, è e rimane pubblica.
E se come sostiene correttamente Faraone, che l’acqua sia pubblica lo sanno pure le pietre, chi può non sapere che un affidamento per nove anni è una follia o che la norma capestro sulla gestione dei privati è non solo incostituzionale, ma anche in contrasto con tutti gli ordinamenti europei, che statuiscono il principio della libertà di gestione.
E in tempi di rivoluzione crocettiana, chi può non accorgersi che la creazione di nove ambiti, invece che uno solo, non è altro che “manciugghia”, finalizzata esclusivamente a “premiare” la fame di potere e l’autoreferenzialità dei ras provinciali all’ARS?
Tutti lo sappiamo, tranne il Partito Democratico, quello di Sicilia, quello de “l’acqua deve essere pubblica!”. Ebbene, oggi scopriamo (o, forse, è meglio dire abbiamo la conferma) che vi sono due PD, uno illuminato e riformista, che auspica la fine delle ideologie nel dibattito politico e il confronto serio sui contenuti; l’altro stantio, ormai superato, se (per dirla sempre con Faraone) mantiene a riferimenti il Soviet e i totem ideologici.
D’altra parte, solo facendo ricorso a tali riferimenti, è possibile far finta, come accade in Sicilia, di scambiare – in tema di rifiuti – moderni impianti di recupero energetico, a zero emissioni, con vecchi inceneritori, desueti e dannosi per la salute pubblica.
E allora!?
Qui non si tratta di entrare nel dibattito politico, per certi versi drammatico, di un altro partito (con il Presidente Crocetta che si scaglia contro i Soloni di Roma o li accusa di istigazione a delinquere). Certo, mi limito a considerare che, se di nuovo corso il PD vuole parlare, a Roma come in Sicilia ci vorrà più coraggio: quando non si è d’accordo neanche sui presupposti fondamentali del fare politica, stare assieme a tutti i costi può essere solo dannoso per il buon governo e per la buona amministrazione, come dimostra l’esperienza in corso.
Qui il tema è un altro: le considerazioni del Sottosegretario Faraone non possono restare senza conseguenze. E’ in gioco la credibilità (o quel poco che resta) della politica. Non si può stare nello stesso partito e giocare due partite diverse. A pagare sono solo i cittadini. Il Partito Democratico contribuisca responsabilmente a mettere in sicurezza i conti della Regione e subito dopo, non oltre la primavera del 2016, stacchi la spina al governo Crocetta, per ridare la parola agli elettori.
Anche Faraone sia conseguenziale, altrimenti è melina, prender tempo, altrimenti è “annacamento!”.