In ginocchio davanti al capomafia | L'imprenditore chiese aiuto al boss - Live Sicilia

In ginocchio davanti al capomafia | L’imprenditore chiese aiuto al boss

Il costruttore si umilia davanti al capomafia di Santa Maria di Gesù per "salvare" un affare immobiliare a Villaciambra. "In memoria di mio padre mi metto in ginocchio, ci siamo sempre voluti bene".

PALERMO : OPERAZIONi BRASCA-Quattro.Zero
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PALERMO – È la scena simbolo del blitz. Un imprenditore, all’epoca pure consigliere comunale a Monreale, pronto a inginocchiarsi davanti al capomafia. È la scena che fa invocare al procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, la necessità di un intervento normativo per punire in maniera più severa il perverso intreccio fra Cosa nostra e il mondo dell’imprenditoria.

Il 7 marzo 2013 l’anziano boss di Santa Maria di Gesù, Mario Marchese, riceve a casa Romeo Albano, imprenditore di 65 anni eletto in quota Forza Italia. Le microspie dei carabinieri del Ros registrano. Il tono è confidenziale: “Come mai da queste parti? perché ti devo parlare”. L’imprenditore, assieme al fratello, ha un problema da risolvere: “Sono 27 unità abitative… di 80,90 e 100 metri quadrati”. In ballo c’è una lottizzazione a Villaciambra. I fratelli Albano si erano accordati con un costruttore, al quale però “subentrano i Di Carlo”, che hanno metodi bruschi: “… qua il lavoro è nostro ce lo dobbiamo fare noi”, gli avrebbero detto.

Eccolo il problema da risolvere: gli Albano, insoddisfatti per la qualità e i tempi di di realizzazione di alcune opere preliminari, chiedono l’intervento di Marchese “perché non ho più niente a che dividere con questo che mi ha rubato per altri 11 mesi… ed un altro anno e mezzo i signori… io non posso rischiare Mariano… di perdere il progetto… quello che io ti chiedo… con il cuore in mano… chiamiamo a Ignazio Di Carlo… lui l’importante è che si ritira”. Poi, la frase choc: “Vuoi che mi metto in ginocchio?… in in memoria di mio padre mi metto in ginocchio ti ho sempre stimato e ci siamo sempre voluti bene”.

Al capomandamento viene data carta bianca per scegliere un costruttore capace di assumersi l’onere economico per portare avanti il progetto: “… poi se tu… tramite lui… tramite un altro… conosci a qualcuno che ha soldi… che ha soldi da potere coprire tutte cose … qua un investimento sicuro è”. Marchese ha le idee chiare su chi coinvolgere: il genero Cosimo Vernengo e suo fratello Ruggero, soci occulti dell’imprenditore Filippo Lorenzo Lucchese. Vernengo, altro cognome storico nella storia della Cosa nostra palermitana.

 


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