“Gigi Burruano è Palermo”. Così recita Salvo Piparo – autore, regista, mattatore – che condivide le quinte del Biondo col suo antico maestro (“ho cominciato con lui”), in uno spettacolo di poesia e follia.
Si parla, appunto, di un ‘Orlando furioso’, declinato alla palermitana. E nulla più si aggiunga – per mantenere viva l’attesa – se non qualche accenno sulla miriade di linguaggi e di suggestioni che punteggiano la seta della pièce. Burruano è Palermo, sì, con le sue contraddizioni: i suoi tombini e le sue balconate patrizie, il suo mare luminoso, la sua spiaggia abbandonata. Eppure, di recente, quest’uomo, che ha visto passare ogni dolore nel palcoscenico dei suoi occhi, ha annunciato il finale scritto dalla sua malinconia. Ha confidato a ‘Repubblica’: “Ho deciso di ritirarmi. Lo dico con molta tranquillità e con sincerità. Non ho più il sacro fuoco per questo mestiere, è come quando finisce un amore o non hai più il desiderio di una donna: chissà, sarà un po’ per l’età e un po’ per la stanchezza mentale, perché quello che vedo attorno a me non mi piace”.
Tutte le mutilazioni possibili ha conosciuto, Gigi il teatrante. Ha inferto e preso colpi. Ha offerto poesia e ricevuto assenzio. Nella sua città lo bazzicano poco, un po’ lo disdegnano, nel distacco che l’arrogante Palermo riserva ai suoi tesori più preziosi. Eppure, Burruano è un monumento all’attore, una lingua e un ardore che ci invidiano.
Però, siamo già all’ultima scena. “Io non sono il successore di nessuno – dice l’umile Piparo – Gigi è troppo grande per tutti. Insieme, abbiamo rimescolato la leggenda di Orlando e della sua pazzia”. Pazzo – nella città della luce, dei tombini e dei sottoscala – è l’eroe fragile che cavalca, contro ogni vento, per ritrovare il suo cuore sulla luna.
Nella Sala Strehler del Teatro Biondo (via Roma 258) va in scena Salvo Piparo, autore e interprete delle “Gesta dell’Orlando furioso narrate da Brunello”. Lo spettacolo, diretto da Luigi Maria Burruano e prodotto dall’Associazione Culturale Kleis, vede in scena al fianco di Piparo Costanza Licata, Irene Maria Salerno e Francesco Cusumano. Le musiche sono del compositore Marco Betta. Rappresentazioni fino al 6 novembre.