PALERMO – Deve tornare in carcere l’uomo che diede diede il via al pomeriggio di follia culminato nell’omicidio di Mirko Sciacchitano. Francesco Urso era stato condannato a 4 anni e 8 mesi di carcere per lesioni e detenzione illegale di arma. Caduta l’aggravante di mafia, all’imputato erano stati concessi gli arresti domiciliari.
Il gip, infatti, aveva deciso di applicare una misura cautelare meno afflittiva alla luce del “tempo trascorso dalla commissione dei fatti” e tenuto conto “dell’avanzato stato del procedimento” che si è concluso con la condanna. Il pubblico ministero Sergio Demontis ha fatto ricorso al Riesame, non solo puntando sulla pericolosità di Urso, ma anche perché l’istanza accolta dal Gip con cui la difesa aveva chiesto la concessione dei domiciliari andava notificata pure alla parte offesa. E il Riesame gli ha dato ragione su questo punto prima ancora di entrare nel merito. A stoppare il ritorno in carcere di Urso, però, sarà il ricorso scontato dei suoi difensori che si rivolgeranno alla Cassazione, cui spetta la decisione finale. Gli avvocati Giovanni Castronovo e Ornella Butera lo hanno già preparato, sostenendo “che non trattandosi di caso di violenza di genere la notifica non andava fatta e che comunque il riesame doveva anche entrare nel merito, soprattutto in relazione alle problematiche di salute dell’Urso, trattandosi di diritto costituzionalmente garantito”.
Sarebbe stato lui Urso a ferire Luigi Cona, sparandogli con una pistola al piede e scatenando la reazione che avrebbe provocato la morte di Sciacchitano. Lo uccisero in via della Conciliazione. Poco prima delle sette di sera, davanti a un’agenzia di scommesse. In azione entrò un gruppo di fuoco impressionante. Aveva 29 anni e ha pagato la colpa di avere accompagnato con il suo scooter Urso che aveva deciso di punire Cona. Credeva di potere fare pesare il suo cognome e la sua parentela con lo zio, Cosimo Vernengo. Anche Cona, però, avrebbe goduto di protezioni importanti. Innanzitutto, quella di Salvatore Profeta.
Il pomeriggio di follia iniziò dopo le 16 del 3 ottobre 2015. Due uomini a bordo di uno scooter Sh 300 di colore bianco arrivarono al civico 4 di via dell’Allodola. Avevano il volto coperto dai caschi integrali. Uno dei due fece fuoco contro Cona, titolare della rosticceria “al Bocconcino”. Cona raccontò di essere rimasto vittima di una tentata rapina.
Secondo i pm Sergio Demontis, Francesca Mazzocco e Gaspare Spedale, Urso decise di punire Cona per via di alcuni contrasti nel mondo della spaccio. Alle 19.40 dello stesso giorno scattò la ritorsione. Tre uomini incappucciati crivellarono di colpi Sciacchitano. Per l’omicidio sono sotto inchiesta Salvatore Profeta e Natale Gambino, presunti ideatori e i mandanti del delitto. Gli esecutori materiali sarebbero Francesco e Gabriele Pedalino, Domenico Ilardi e Antonino Profeta (figlio di Salvatore). La loro reazione si sarebbe scagliata contro Sciacchitano. Urso, invece, sarebbe stato graziato per via della sua parentela pesante nel mondo di Cosa nostra.