PALERMO – Per un indagato, Paolo Cocco, il ricorso è stato accolto e ci vorrà una nuova valutazione sugli indizi che lo hanno potato in carcere. Per un altro, Francesco Arcuri, il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Cassazione.
Sono entrambi indagati e arrestati per l’omicidio dell’avvocato Enzo Fragalà. Nel caso di Cocco, difeso dagli avvocati Rosanna Vella ed Edi Gioè, i supremi giudici hanno annullato con rinvio la decisione del Tribunale del Riesame che aveva respinto l’istanza di scarcerazione. Non si conosce ancora la motivazione della decisione, ma è sugli indizi di colpevolezza che s giocherà la partita.
Cocco è finito in carcere nella seconda indagine sull’omicidio del penalista, quella riaperta grazie alle dichiarazioni del pentito Francesco Chiarello. Chiarello sostiene che l’ordine di pestare Fragalà arrivò da Arcuri, mentre Cocco mise in atto la spedizione punitiva sotto lo studio del penalista, in via Nicolò Turrisi. Una versione che poi è stata smentita da Antonino Siragusa che chiama in causa se stesso, accusa Antonino Abbate (avrebbe picchiato Fragalà con il bastone) e Salvatore Ingrassia, ma scagiona Arcuri, Castronovo e Cocco. Le dichiarazioni di Siragusa, però, sono ritenute inattendibili. Le versione dei due pentiti saranno inevitabilmente messe a confronto nel processo che inizierà fra pochi giorni in Corte d’assise.
Il rinvio della Cassazione potrebbe aprire una prospettiva favorevole per Cocco, che resta comunque in carcere, e sulla cui posizione processuale pesa quella che gli investigatori definiscono una confessione in diretta. L’indagato, intercettato dai carabinieri, diceva alla moglie: “Per il fatto dell’omicidio può essere che poi mi vengono a cercare… che c’ero pure io esce”; “Giura?”; “Giuro”. Ma che cazzo stai dicendo…”; “Il compleanno non lo festeggeremo, ti giuro…”; “Le chiavi possono buttare. Mi hai sconvolta Paolo”. Perché mai, se davvero non prese parte all’omicidio, Cocco avrebbe dovuto pronunciare queste parole?