PALERMO – Non si sono mai amati. Qualcuno arriva a dire che si detestino amabilmente. Loro negano. Sviano. Si chiamano “amici”. Oggi sono seduti uno accanto all’altro e aprono ufficialmente la campagna elettorale di Forza Italia in vista delle elezioni del prossimo 5 novembre. In una sala gremita, al multisala Politeama di Palermo, si ritrovano uniti dal senatore Renato Schifani, che ha organizzato l’incontro per chiamare a raccolta i big del partito e i sostenitori di Forza Italia a sostegno delle candidature di Micciché all’Ars e di Musumeci alla presidenza della Regione. Con l’intento , per nulla celato, di ricomporre quelle fratture che nei giorni scorsi hanno creato più di una fibrillazione nella coalizione di centro destra.
Ad accendere la miccia è stata l’esclusione di Gaetano Armao, leader dei Siciliani Indignati e fedelissimo di Micciché, escluso dal listino del presidente che gli avrebbe garantito un accesso diretto all’Ars. Armao ha indicato in Musumeci l’unico responsabile, Micciché ha parlato di “ferita aperta”. Oggi pare si sia raggiunta una tregua armata. Il commissario di Forza Italia in Sicilia ha detto chiaramente che “non ci sono rimasto bene”. E confessa di aver pensato di fare un passo indietro a favore del leader degli indignati: “Ho detto entra Armao nel listino al posto mio. Ma poi gli ordini di partito non me l’hanno consentito. Io credo di non aver bisogno del listino”. Poi sul palco dà il cinque a Musumeci e smentisce qualsiasi rottura della coalizione. Riduce la questione a un fisiologico dibattito politico, a “una sciarra” che in una trattativa delicata come questa può creare qualche problema, ma fa parte della politica. E a scanso di equivoci, aggiunge: “Musumeci noi crediamo fortissimamente in te”. E poi rivolto alla platea: “Con questo squadrone non possiamo perdere”.
A gettare acqua sul fuoco è anche il padrone di casa. Schifani, che ha voluto fortemente quest’incontro, accoglie Musumeci con una calorosa stretta di mano e un largo sorriso: “Non c’è stata alcuna frizione, si è solo dovuta trovare la quadra sul listino. Armao farà parte del Governo e sarà l’uomo giusto al posto giusto”.
Musumeci, sollecitato, spegne subito le polemiche: “Con Miccichè non c’è alcuna ferita. Lui fa il suo mestiere e io faccio il mio, più difficile, di candidato presidente. E devo stare al di sopra delle parti. Con Armao lavoreremo di buona lena perché ci sono tante cose da fare per la Sicilia. Non c’è tempo per le polemiche. Dobbiamo marciare e non marcire”.
Affrontando il tema delle liste, nelle scorse settimane finite sotto l’occhio del ciclone a causa di alcune candidature “chiaccherate”, sono tutti e tre compatti nel respingere ogni accusa. Micciché è lapidario: “Non accetto lezioni di etica da nessuno. Le nostre liste sono meravigliose e fortissime, molto più forti di quelle degli altri. Per questo ci temono. Rispondo io personalmente di tutti i candidati di Forza Italia. Se ci dovesse essere qualcuno che sbaglia saremo noi a cacciarlo. Sono tutti incensurati e persone che conosco personalmente”. E parlando dei candidati “chiaccherati” aggiunge: ”Forse si tratterà di reati amministrativi e non mafiosi. Non sono fatti rilevanti. Il mio amico Diego Cammarata, per esempio, sta pagando perché i suoi uffici non attaccarono una centralina”.
Musumeci fa di più: rivendica la paternità delle “liste pulite” e ricorda di essere stato “il primo ad averne parlato in 70 anni”. Ma poi ammette che probabilmente occorreranno ancora due o tre generazioni per avere liste veramente trasparenti. Nei prossimi giorni, se ne occuperà anche la Commissione nazionale antimafia che con il codice Bindi passerà al setaccio le liste: “La Bindi è la benvenuta, ma arriva con ritardo rispetto a quanto detto da me”.
Su questo punto il senatore Schifani, che qualche giorno fa ne aveva parlato in un’intervista a Live Sicilia, dal palco rincara la dose: “Noi siamo contro la mafia, i suoi voti non li vogliamo, li respingiamo. La mafia noi l’abbiamo contrastata con le norme, con le leggi, rafforzando i sequestri ai mafiosi e stabilizzando in modo definitivo il 41 bis. E quando eravamo al governo abbiamo raggiunto il record di latitanti catturati”.
Un’ultima battuta è rivolta al Movimento 5 Stelle, indicato dai sondaggi e dai tre leader del centrodestra come il vero rivale da sconfiggere per Palazzo d’Orleans. Cancelleri nei giorni scorsi aveva invitato a più riprese Musumeci a un confronto pubblico. Confronto esteso adesso a tutti i candidati alla presidenza della Regione e previsto per il 13 ottobre. Ma Musumeci, ancora una volta sembra voler declinare l’invito: “Ognuno fa la campagna elettorale secondo le proprie sensibilità. Io non sono un uomo da palcoscenico ma uomo di piazza. Se Giancarlo cerca qualche riflettore, dopo che Di Maio e Di Battista sono tornati a Roma, sono problemi suoi. Io cammino da solo e la gente mi riconosce”.
Su questa ipotetica sfida a due pende la mannaia dell’astensionismo, che per le ultime rilevazioni ha sfondato la quota del 50 per cento. Miccichè sussurra che un’alta astensione finirebbe per favorirli, perché “normalmente chi protesta non va a votare, oppure vota Cinquestelle“. E alla domanda come fare per convincere gli elettori ad andare alle urne il 5 novembre, Miccichè risponde beffardo: “Meglio che li convincano i 5stelle, per noi va benissimo”. Ma qui rispuntano ancora una volta le differenze con il candidato Governatore. “È una considerazione di Micciché”. E, anche se solo per un attimo, tra i due sembra tornato di nuovo il gelo.