PALERMO – Si sentiva minacciato. Assediato per la sue battaglie contro sprechi e malaffare in ospedale. E così, quando nel 2013 Matteo Tutino, ex primario di Chirurgia plastica a Villa Sofia, denunciò che la serratura della sua stanza era stata bloccata con l’attak l’allora manager Giacomo Sampieri decise di proteggerlo con una scorta personale costata più di 38 mila euro. Sampieri è stato condannato a pagarne 30 mila perché considerati causa di danno erariale. La Corte dei Conti presieduta da Luciana Savagnone ha accolto la ricostruzione del procuratore Gianluca Albo e dei carabinieri del Nas.
L’azienda ospedaliera aveva sborsato 38 mila euro per 55 giorni di vigilanza h24, dal 13 febbraio al 9 aprile 2014, davanti all’ufficio di Tutino. Ad occuparsi del servizio extra, non previsto dall’appalto, erano stati gli agenti della Ksm. Il nuovo manager Gervasio Venuti pagò, non aveva altra scelta, ma inviò la delibera ai pm contabili.
Sampieri e Tutino, il primo commissario straordinario voluto da Rosario Crocetta e il secondo medico personale del presidente della Regione, condividono un processo assieme ad altri indagati per truffa, peculato e abuso d’ufficio nell’ambito della gestione del reparto di Chirurgia plastica. Dopo Sampieri, travolto dallo scandalo, a Villa Sofia arrivò il manager Ignazio Tozzo che bloccò il servizio di vigilanza extra. Fu poi il direttore generale Venuti a pagare sulla base di un parere legale che, in sostanza, suggeriva di saldare il conto per evitare l’accumulo degli interessi. Nella delibera Venuti richiamava alcuni passaggi delle tormentate vicende vissute da Villa Sofia, comprese le note di fuoco inviate dal sindacato Cimo che tuonava contro la vigilanza dedicata a Tutino e invocava un’inchiesta contabile.
Era lunga la lista degli espisodi denunciati da Tutino a Sampieri. Per ultimo la presunta manomissione dei ferri in sala operatoria. E fu dato il via libera alla scorta. Sampieri si è difeso sostenendo di essersi limitato ad attivare i dirigenti senza che venisse mai formalizzato un atto. E in ogni caso non fu lui a pagare le fatture.
Nella motivazione si fa riferimento anche alle denunce di Tutino: “Occorre precisare, in ogni caso, che criterio dirimente per la valutazione della illegittimità della fattispecie non è la irrisorietà degli eventi che avevano colpito il Tutino nel recente passato, ma unicamente il fatto che detti eventi avessero una rilevanza strettamente personale, né può considerarsi una minaccia per la sicurezza del reparto una singola ipotesi di presunta manomissione di ferri di sala operatoria. Ciò significa, quindi, che se anche ad essere denunciati dal Tutino fossero stati episodi più gravi e rischiosi per la sua persona o, comunque, per la sua Unità Organizzativa, al punto di assurgere a veri e propri atti criminali, il Collegio non avrebbe mutato il proprio giudizio, ritenendo, in ogni caso, eventualmente competente per la prevenzione di ulteriori eventi criminosi, unicamente l’autorità giudiziaria ordinaria e non già le unità preposte alla vigilanza privata della struttura ospedaliera”.
Il collegio,. però, censura anche le condotte dei dirigenti, “coloro che sono rimasti a guardare” e non segnalarono l’abuso. Ecco perché a Sampieri sono stati contestati 30 dei 38 mila euro.