PALERMO – Mentre il cielo di Palermo è di un azzurro tale da non lasciare presagire nemmeno una goccia di pioggia, la crisi idrica che attanaglia la città diventa sempre più concreta: la turnazione e l’affitto, o requisizione, di pozzi da privati si fanno sempre più vicini.
Nell’ottica di limitare i disagi per la cittadinanza in tempi di carenza idrica, la Prefettura, con la collaborazione del Genio civile di Palermo, ha sempre requisito pozzi privati, poi affidati ad aziende come Amap per la gestione pratica delle risorse. I pozzi, per essere sfruttati e collegati alle rete cittadina, devono rispondere a specifici canoni tecnici e igienici. Tra il 2001 e il 2003, epoca dell’ultima grande sete, furono tante le fonti espropriate. Tra queste anche una sorgente a Boccadifalco. I proprietari di questo pozzo chiamato “Lo porto” oggi denunciano: “Tra carte, ordinanze e progetti dell’Amap non possiamo disporre del nostro pozzo da più di 15 anni. Nel 2002 la prefettura ha requisito la nostra proprietà, l’Amap ha effettuato alcuni lavori di collegamento ma non ha mai terminato l’intervento e quindi sfruttato l’acqua. Il pozzo giace inutilizzato e a noi non è mai nemmeno stata pagata l’indennità di requisizione”. In tempi di scarsità delle risorse, il pozzo, secondo i proprietari, potrebbe essere tranquillamente messo a regime in quanto sarebbe perfettamente in linea con i parametri richiesti. “Lo testimonia anche un atto emanato nel 2004 dal Prefetto – continuano – in cui si comunica la restituzione di tanti pozzi ai legittimi proprietari, tranne il nostro in quanto dichiarato indispensabile per l’approvvigionamento idropotabile del quartiere Boccadifalco del comune di Palermo”. Ma i vertici Amap spiegano: “Il pozzo risulterebbe in una zona problematica – spiega oggi la presidentessa Maria Prestigiacomo dopo aver studiato la pratica con i tecnici – Non so cosa accadde allora, io non ero in carica, ma in un momento così delicato c’è da star certi che se ci fosse un pozzo sfruttabile non lo trascureremmo affatto”. Eppure il pozzo resta requisito.
Per quanto concerne questa pratica d’emergenza la posizione di Amap al momento è molto semplice: affitta sei sorgenti “che conosciamo e che abbiamo utilizzato in passato – sottolinea Prestigiacomo – sappiamo di poterle sfruttare immediatamente senza dover fare ulteriori approfondimenti o interventi tecnici. Sono tanti i motivi che rendono un pozzo inutilizzabile – continua la presidentessa – la linea di confine è molto sottile e le regole ferree, basta che nelle vicinanze ci sia una fognatura o condotti di scarico. Non possiamo permetterci di mettere a repentaglio la salute dei cittadini”. L’azienda palermitana oggi preferisce affidarsi a sorgenti sicure anche perché la messa a sistema di nuovi pozzi dovrebbe prima passare da controlli igienici che potrebbero durare mesi, tempo che Amap, Comune e Regione non hanno.“Non mi riferisco naturalmente al caso in questione – tiene a precisare Prestigiacomo – ma posso assicurare che in tanti, adesso, potrebbero voler sfruttare la situazione di emergenza a loro vantaggio dicendo di mettere a disposizione i pozzi solo per cercare di guadagnarci qualcosa. Ma noi dobbiamo agire nell’immediato, la città versa in una situazione gravissima”.
Tornando alla cronaca e al delicato iter per fronteggiare l’emergenza, ieri Palazzo Chigi e il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti avrebbero tenuto una lunga conference call con i dirigenti del dipartimento Acque e rifiuti della Regione. Da Roma chiedono più dettagli e nuova documentazione per dare il via libera e dichiarare lo stato di calamità naturale che da settimane la Regione avanza per fronteggiare la crisi degli invasi palermitani. Domani mattina intanto Amap e gli stessi addetti regionali si riuniranno nuovamente per cercare di produrre queste relazioni richieste dal governo centrale in una vera e propria corso contro il tempo: le riserve dei quattro invasi a disposizione della città basteranno per meno di due mesi ormai.
Ma perché non si è ancora ottenuto lo stato di calamità e non si è nemmeno partiti con la turnazione tanto temuta?“Le regole per accertare questo tipo di emergenze sarebbero cambiate e cambiando sono diventate più complesse rispetto all’ultima crisi, ovvero i primi anni del 2000 – sottolinea la numero uno di Amap – Se dovessero accertare lo stato di calamità andrebbe comunque fatta una programmazione nuova di interventi, ad hoc per la circostanza contingente”. Prestigiacomo e l’Amap sono certi: punteranno sui dissalatori. “Potranno riprendere anche i lavori per il dissalatore della sorgente Presidiana – dice Sandro Terrani, consigliere comunale e funzionario in acquedotto – l’acqua è salmastra tanto che viene parzialmente utilizzata in quanto deve essere sempre miscelata. L’opera già iniziata da Amap nei primi mesi del 2000 è stata poi interrotta per il fallimento dell’Impresa”. Di certo ottenuto il riconoscimento delle cause di forza maggiore verranno presentati nuovi progetti per istallarne uno nella costa nord e uno nella costa sud della città.