PALERMO – Ci sono due uomini, nell’album di fotografie sfogliato dagli anni. Il primo è un Amedeo Nazzari della bicicletta. Mascagna nera, tirata a lucido, ritto nella sua officina, con l’espressione assorta e soddisfatta di chi sa che avrà comunque tempo. Il secondo – teneramente, per chi lo rammenta – somiglia a Tobia, il tartarughino di Robin Hood che metteva sempre la testa nel guscio. E’ un vecchio, con un’aria vivissima nello sguardo dietro le lenti, con ciocche bianche di capelli che sembrano ali di colomba. Due uomini, lo stesso uomo – perché la vecchiaia può essere la maschera più dolce di un’esistenza spesa bene – cioè, Guglielmo Daricello, il signore delle bici che ha chiuso senza sforzo la sua bottega umana qualche giorno fa.
Di lui quasi tutto è stato scritto. Che, per il suo centesimo compleanno aveva invitato un numeroso popolo raggiante nel salone della chiesa di Sant’Ernesto, che l’ha accolto per i funerali. Che le sue due ruote avevano spinto a volare Palermo – cos’è la bicicletta, se non un aereo a pedali – raccogliendo l’eterna gratitudine di coloro che furono ragazzi e che a lungo sognarono, quando si poteva sognare. Che aveva cominciato nel 1936, ad appena vent’anni, in una galleria di ritratti in bianco e nero. Che ‘Daricello’ era il marchio di fabbrica di una infantile e perciò irrefrenabile gioia.
Ma prima di riconsegnare quell’album di foto alla discreta gentilezza di un cassetto, è giusto sfogliarlo di più. Certi grandi palermitani – come certi grandi alberi – sono un ricovero di ombre, sorrisi e riparazioni di pezzi rotti, ricomposti e rimessi a posto. E sarebbe un peccato mortale dimenticarli nella città che ha sete di un po’ di acqua di bellezza, in forma di memoria disciolta.
Ornella Daricello, nipote appassionata del nonno, è la voce intermittente di un’emozione che nemmeno la dissolvenza spezza. “Lui – racconta Ornella – ci ha salutati lucido e forte sulle sue gambe. Ha vissuto questi centodue anni con una grinta invidiabile, continuando ad essere presente fino alla fine, voglioso di festeggiare e di lasciarsi festeggiare. Un umo incredibilmente innamorato della vita, della famiglia e dei sorrisi”.
C’è un video d’amarcord, della Isla Produzioni, assemblato per la centesima candelina, che condensa, spiega e commuove. Guglielmo, con un maglioncino rosso, le pupille sgranate, che si squaderna da sé. I lavoretti iniziali a tredici anni, come fabbricante di panciere. Il servizio militare a Messina, con le bici iniziali da sistemare ai commilitoni. L’apertura della fabbrica e del negozio, una volta tornato a Palermo. Le parole in fila: “Arrivare a cent’anni… assai ci vuole. Sono contento di quello che ho fatto”. Non una semplice parabola singola, una lezione magistrale consegnata a una comunità. I sogni si costruiscono con le mani. Sono oggetti che rendono migliori le persone. Tra un ragazzo con la mascagna nera e un vecchio con i capelli bianchi come ali di uccello, ci sono le dita che non hanno mai smesso febbrilmente di edificare. Le dita, il cuore, una mappa per sapersi orientare, una bicicletta per volare.
Dice Ornella: “Nonno era bellissimo.E ci teneva a presentarsi in ordine. Sempre con la cravatta annodata a puntino. Aveva un’idea assai esigente del decoro e della dignità. Il suo motto era: si può riparare tutto”. La chiave della differenza sta lì. Quel mondo che acconciava, ricuciva, tesseva e non buttava mai niente che non fosse necessario dimenticare. Questo mondo che si riempie di mezzi di trasporto, eppure non va da nessuna parte, condannato al suo stato in luogo. Questo mondo che mastica e sputa ciò che non ha assaggiato. Ornella, in chiesa, ha detto quello che poi ha scritto su facebook: “Amava tanto, Guglielmo. Amava il suo lavoro, Titina scelta, protetta e coccolata per oltre 60 anni. Amava la sua famiglia, ma anche essere amato da questa e da chi lo conosceva. Ah quanto si vantava della stima che riceveva da chi lo circondava! Amava insegnare e trasmettere i suoi valori e la sua conoscenza, ma anche imparare (persino il mondo di Internet e dei Social Network!). E, ancora, amava ballare, disegnare, creare, scherzare (quanti scherzi e aneddoti avrei da condividere…). Nonno Guglielmo amava amare ed essere amato, ma sopra ogni cosa, amava vivere!”.
Due uomini, lo stesso uomo. Due foto nello stesso album. Le dita che aggiustano e il sorriso che ripara. E visse felice e contento per centodue anni, prima di consegnare il suo chiarore a coloro che amava. La vita è una ruota (di bicicletta) che non smette mai di girare.