PALERMO – Più discariche pubbliche, almeno una per provincia. Più raccolta differenziata, capitolo che vede la Sicilia spaventosamente indietro nelle classifiche nazionali. Rifiuti fuori dalla Sicilia per il periodo in cui sarà necessario. Sono questi alcuni dei punti del piano stralcio sui rifiuti della Regione, approvato all’unanimità in IV Commissione all’Ars.
Da una gestione basata per decenni su quello che il piano definisce “emergenzialismo” si cerca di mettere ordine in un settore colabrodo e maleodorante: “un grigio sistema di potere sostanzialmente al di fuori dall’ordinamento giuridico” si legge nel piano. Un sistema permeabile alle infiltrazioni della criminalità organizzata e altri gruppi di pressione, come denunciano diverse indagini della magistratura.
Dal business delle discariche private a quello della raccolta, il sistema rifiuti in Sicilia ha reso possibili negli anni grandi affari. Ma la qualità del servizio è rimasta in molti casi scadente e costosa per il cittadino per tutta una serie di cattive pratiche e di falle normative. Il governo ora prova a mettere ordine con questo piano stralcio. “Abbiamo posto le basi affinché la Sicilia possa accedere ai fondi europei”, ha detto la presidente della Commissione Ambiente dell’Ars Giusi Savarino. Un elemento caratterizzante del piano è la scelta per le discariche pubbliche. “Sotto impulso della commissione che presiedo – ha commentato Savarino ringraziando il governatore Nello Musumeci -, il governo ha accolto con favore la proposta di dare priorità nella concessione delle autorizzazioni, agli impianti pubblici, che dovranno essere necessariamente presenti in ogni Provincia. È la fine dei monopoli. Esprimo profonda soddisfazione per questo importante risultato raggiunto in pochi mesi, un risultato che mette ordine al caos che da troppi anni vige sulla materia, questo caos ha consentito a qualcuno di fare caccia grossa e purtroppo sui rifiuti non mancano i predatori”.
Nelle more dell’approvazione del piano regionale di gestione dei rifiuti, dei conseguenti piani d’ambito e della messa a regime di tutta l’impiantistica, la Regione dunque interviene con un Piano stralcio per questa fase di transizione, scrive l’assessore regionale Alberto Pierobon trasmettendo gli atti al Parlamento regionale nello scorso aprile.
Si parte dai dati “preoccupanti” sulla differenziata: un decreto legislativo del 1997 prevedeva il raggiungimento dell’obiettivo del 15% nell’anno 1999. “Ebbene, questo traguardo, secondo il ‘Rapporto Rifiuti 2017’, che cura annualmente ISPRA, è stato raggiunto con quasi vent’anni di ritardo in Sicilia, con il 15,4% di raccolta differenziata”, si legge nelle premesse del piano.
Il caos del sistema è anche quello delle Srr, le attuali 18 Società di regolamentazione dei rifiuti che stentano, dopo otto anni dall’approvazione della nuova legge regionale, a entrare nella fase operativa “e insieme all’insostenibile situazione debitoria prodotta prevalentemente dalle ventisette ‘Società d’ambito’, istituite nel 2002 con ordinanza commissariale, ci consegnano un sistema disarticolato, bloccato ed oneroso”.
Negli ultimi vent’anni si sono susseguiti ben tre piani emergenziali. Ma in Sicilia “il lungo perdurare della stagione dell’emergenzialismo ha generato un grigio sistema di potere sostanzialmente al di fuori dall’ordinamento giuridico. Nella regione si sono sviluppate dal basso alcune buone pratiche soprattutto nei piccoli comuni, che però faticano ad operare a causa di un contesto regionale ostile, perché organizzato intorno alla discarica e, anche, a causa di innumerevoli cambi di direzione negli indirizzi politici, amministrativi, gestionali e organizzativi”.
Tra gli obiettivi del Piano stralcio c’è quello di riportare la gestione dei rifiuti ad un unico metodo gestionale e di raccolta, da applicare su scala regionale. E inoltre di “accelerare l’attuazione delle azioni di prevenzione e recupero, al fine di conseguire la riduzione e il miglioramento della qualità dei rifiuti da trasferire agli impianti di trattamento/smaltimento. Inoltre, il Piano stralcio sostiene ed incentiva nuovi modelli di servizi che responsabilizzano e rendono partecipi i cittadini”.
Il punto di riferimento del nuovo sistema dei rifiuti, come più volte ripetuto da Nello Musumeci, è la vecchia provincia. Si intende infatti “provvedere alla realizzazione degli impianti minimi necessari per realizzare l’autosufficienza gestionale in ogni singola provincia, comprese le discariche per rifiuti post trattamento”. Questo anche perché, ricorda il Piano, “in tante realtà territoriali la discarica è l’unica opzione impiantistica e in molti casi distante centinaia di chilometri dal luogo di produzione”.
A lungo ci si sofferma sui dati della raccolta differenziata, che vedono le grandi città ferme a risultati imbarazzanti. Impietoso lo specchietto sulla raccolta differenziata nelle città metropolitane nel 2016: il Comune di Palermo è fermo al 10,4 per cento, Milano è al 64, Firenze al 57, Napoli al 47, Bari al 36. In Sicilia benino solo Trapani e Caltanissetta, 25 e 23 (poco, ma meglio degli altri). A Siracusa addirittura si è fermi sotto il 10 per cento.
Più differenziata significa meno rifiuti da mandare in discarica. Ma allo stato attuale “nel caso in cui non vi fosse un trend di crescita delle percentuali di raccolta differenziata sufficiente a sanare l’attuale situazione di emergenza con gravi ripercussioni igienico sanitarie ed ambientali che ne conseguono e, nelle more di ristabilire una condizione di equilibrio per il sistema dei rifiuti regionale, l’Amministrazione regionale si troverebbe costretta a dover optare, temporaneamente, per il conferimento di parte dei rifiuti indifferenziati fuori Regione”.
Sono anche previsti interventi di ampliamento delle discariche e degli impianti esistenti, come quelli per la VII vasca Bellolampo, poi Castellana, Vittoria, Trapani. E “per lo smaltimento dei rifiuti post trattamento e di sottovaglio provenienti dai vari trattamenti, si prevede per ogni ambito provinciale la realizzazione di almeno una discarica pubblica, da identificare in ciascun territorio provinciale in base al fabbisogno dei comuni ricadenti nel territorio provinciale, tenendo conto della graduale crescita della raccolta differenziata e la realizzazione e messa in esercizio degli impianti”. Il tutto entro 18 mesi. Per la nuova impiantistica ci sono risorse per più di 420 milioni. Una buona parte riguarda gli impianti di compostaggio per riciclare l’organico. Il governo sta procedendo a uno screening dei progetti in via di autorizzazione. E l’assessorato sta incrociando i dati, spesso confusi e deficitari, sulla raccolta e sugli impianti esistenti.
La Commissione ha chiesto di dare priorità tra le opere da autorizzare alla realizzazione di impianti pubblici nelle province che ne sono attualmente sprovviste.