PALERMO – Fa un altro passo in avanti il processo che potrà portare agli onori degli altari Rosario Livatino, il “giudice ragazzino” ammazzato dalla mafia nel 1998 nell’Agrigentino. Ieri l’annuncio dell’Arcidiocesi di Agrigento della conclusione del processo diocesano di canonizzazione. Questa mattina in conferenza stampa è stata resa nota la data in cui il processo si concluderà. “Il 3 ottobre si concluderà la fase diocesana del processo di canonizzazione del giudice Rosario Angelo Livatino”. Con queste parole l’arcivescovo di Agrigento, cardinal Francesco Montenegro, ha comunicato la data della chiusura della fase diocesana del processo di canonizzazione del giudice Rosario Angelo Livatino, riferisce l’agenzia Sir.
Montenegro ha ricordato la figura di integerrimo amministratore della giustizia compito che il magistrato svolgeva come vocazione. “Un uomo – ha ricordato il cardinale Montenegro – che ha vissuto la vita in modo buono e la sua morte è sintomo di una vita buona vissuta alla luce del Vangelo e ‘sub tutela Dei’. Lui accanto ai codici del suo lavoro di magistrato teneva sulla scrivania anche il Vangelo, facendo comprendere che tra il suo lavoro e la sua fede non vi era alcuna separazione”.
L’annuncio arriva a sette anni dall’apertura del processo diocesano di canonizzazione del “giudice ragazzino”. “Dal processo diocesano non verrà fuori un giudizio sulla persona – ha detto il giudice delegato don Lillo Maria Argento, che ha condotto tutto il processo per conto dell’arcivescovo Montenegro – ma verranno inviati a Roma, alla Congregazione delle cause dei santi perché possano esprimere il proprio giudizio sulle virtù del giudice Livatino. Il suo interesse primario è stato quello di seguire la giustizia ed amministrarla alla luce del Vangelo”. “Il processo – ha concluso don Argento – è stata una fatica, ma una dolce fatica”.
Rosario Livatino venne ucciso a 38 anni in un agguato mafioso la mattina del 21 settembre 1990, sulla statale che ogni mattina percorreva con la sua auto da Canicattì ad Agrigento. In questi sette anni sono stati sentiti decine e decine di testimoni tra amici, parenti, colleghi e cittadini ma anche i killer del magistrato. Fu l’allora vescovo Carmelo Ferraro ad avviare a raccolta di testimonianze subito dopo l’anatema alla mafia di San Giovanni Paolo II a Piano San Gregorio nella Valle dei Templi il 9 maggio 1993, proprio dopo un incontro tra Wojtyla con Rosalia Corbo e Vincenzo Livatino, anziani genitori del giudice, il loro unico figlio. Quel giorno, il Papa polacco lanciò lo storico, durissimo monito ai mafiosi, a cui chiedeva con fermezza di convertirsi.
“La notizia della conclusione,dopo 7 anni, del processo diocesano di canonizzazione del giudice Rosario Livatino arriva a pochi giorni dal 28° anniversario del suo martirio, 21 settembre – commenta il sindaco di Agrigento Lillo Firetto -. Il grande lavoro istruttorio svolto per la causa, oltre 4 mila pagine, verrà trasmesso alla Congregazione Romana per le canonizzazioni in Vaticano. Nell’attesa, un momento di preghiera e di riflessione sulla figura di un nostro conterraneo, esempio di grande rigore morale e profondo senso delle istituzioni”.