PALERMO – Controlli gratuiti, prevenzione mirata e uno sportello con equipe dedicata ai ‘sex workers’ in ognuna delle nove Asp siciliane: approvata la delibera che permette all’assessorato regionale della Salute di implementare misure a favore dei lavoratori sessuali, e di tutti i cittadini in condizione di sessualità attiva. L’espressione ‘sex work’, usata nella proposta dell’assessorato che fa capo a Ruggero Razza, indica “non tanto e non solo l’attività di prostituzione” ma anche quelle “in cui, dietro retribuzione, la sessualità e l’immaginario erotico vengono lecitamente utilizzati, in spazi reali o virtuali, a scopi ricreativi e di intrattenimento”.
L’obbiettivo è di mettere i sex workers nelle condizioni di poter dare garanzie ai clienti sul proprio stato di salute, dimostrabile tramite un certificato medico di sana e robusta costituzione rilasciato su richiesta dall’Asp competente; il certificato sarà esito di un check up completo e gratuito per escludere la presenza di malattie sessualmente trasmissibili. Previsti anche piani d’accesso alle cure facilitati e gratuiti, e “prevenzione combinata” con programmi di offerta di test rapidi per HIV, profilassi pre e post esposizione dei non infetti, e terapia come prevenzione (dare la terapia a tutte le persone con HIV come prevenzione per chi non ha contratto il virus).
Anche le strutture sanitarie si adegueranno alle nuove disposizioni, con uno sportello dedicato al sex work e alle malattie a trasmissione sessuale in ogni Asp del territorio siciliano. Lo sportello si avvarrà di un’equipe specializzata di riferimento, e di un registro “in seno al quale – si legge nella delibera –, in forma rigorosamente anonima e nel rispetto dei dati sensibili, verrà annotato il contenuto e la data della certificazione richiesta dall’interessato”; le informazioni contenute nel registro verranno utilizzate per finalità statistiche e di collaborazione con le forze dell’ordine. Altra funzione dello sportello sarà quella di erogare gratuitamente e distribuire metodi contraccettivi, anche d’emergenza, tramite consultori, ambulatori e reparti di pronto soccorso.
A dare l’allarme, un report dell’Assessorato della Salute sulla diffusione delle malattie sessualmente trasmesse considerate “a notifica obbligatoria” dal Ministero della Salute, per la loro estrema rilevanza in termini di sanità pubblica. La relazione parla chiaro: in Sicilia sono praticamente triplicati i casi di sifilide notificati dal 2011 al 2016, e ogni anno si registrano più di 250 nuove infezioni da HIV.
443 casi di sifilide notificati dal 2009 al 2018, di cui 63 solo nel 2018, e secondo l’assessorato i numeri sono ancora soggetti a possibile incremento per via dei ritardi con cui pervengono le notifiche. “La metà dei casi fino al 2017 si è verificata in provincia di Catania – recita il report – dove addirittura nel 2018 si registrano circa i 2/3 delle notifiche. In pratica nell’intero periodo in regione si registra un tasso di quasi 1 segnalazione ogni 100.000 residenti mentre a Catania tale tasso è più che doppio (2,3/100.000)”. Viene anche precisato che il picco di segnalazioni nel Catanese “potrebbe corrispondere o a una migliore capacità di diagnosi/notifica in quell’area o più verosimilmente alla presenza di un focolaio locale”. Una diffusione crescente, con un andamento che in Sicilia è praticamente triplicato dal 2011 al 2016, e il cui rischio inizia a partire dall’età puberale e in particolare negli uomini. Le fasce di età a maggior rischio sono quella tra i 25 e i 29 anni nelle donne, e tra i 35 e i 39 anni negli uomini. Le ulcerazioni causate dalla sifilide rendono inoltre più facile la trasmissione dell’HIV durante i rapporti sessuali.
La diffusione del virus HIV è maggiore fra i maschi di età fra 25 e 44 anni, e fra gli stranieri, donne in particolare; gli stranieri costituiscono più di un quarto dei nuovi casi e provengono in massima parte dall’Africa. L’età alla diagnosi più frequente è fra i 30 e i 39 anni, ma le donne hanno un’età media leggermente più bassa. Inoltre, stando ai dati dell’Istituto superiore di sanità del 2016, fra le donne i casi di nazionalità straniera sono il 65%, con un picco di incidenza fra 15 e 29 anni.
Le motivazioni alla base della proposta non sarebbero solo sanitarie ma anche socioeconomiche: riguardo ai lavoratori sessuali, l’assessorato fa presente alla giunta regionale che “la pesante discriminazione subita, la criminalità che sfrutta il loro lavoro, l’aggressività anche fisica a cui detti professionisti vengono spesso sottoposti, rendono difficile la visibilità necessaria per la nascita di un attivismo formato e consapevole”. L’assessorato di Razza conta di far emergere anche il lavoro nero connesso alle prestazioni sessuali e garantire l’incontro tra i sex workers e gli operatori sanitari, con l’aiuto e l’intermediazione di associazioni di volontariato, associazioni culturali e società scientifiche nel campo della prevenzione di malattie virali.