PALERMO – Un giardino, un cortile interno e decine di nascondigli per custodire la droga in attesa di essere smerciata. Una villa abbandonata era la base operativa di chi si occupava del traffico di sostanze stupefacenti a Carini: in particolare, ad utilizzarla, sarebbero stati Fabio Daricca, Alessandro Bono e Antonino Vaccarella, tre delle nove persone finite in manette ieri, durante l’operazione antimafia della squadra mobile.
Emerge dall’inchiesta che ha smantellato la famiglia mafiosa della cittadina alle porte di Palermo e che ha fatto scattare l’arresto anche per il presunto capo, Antonino Di Maggio, che era già detenuto. Anche Bono era già in carcere, per i reati legati al traffico di cocaina con i narcos colombiani. Numerosi gli episodi che descrivono l’arrivo della droga nel capoluogo siciliano, dall’importazione di quasi dodici chili di cocaina, trovati all’interno di un motore per auto destinato all’Italia tramite una ditta di spedizioni internazionale, fino al pagamento dei biglietti aerei per i corrieri che facevano parte dell’associazione.
E sarebbe stato proprio Bono a fare affari con Daricca, che si recava spesso, insieme ai suoi complici, in quella villa di via Iccara a Villagrazia di Carini, utilizzata per il deposito e il taglio della droga. Pochi metri più avanti, gli investigatori hanno individuato un altro fabbricato in cui invece cocaina, marijuana ed hashish venivano smerciate per essere poi immesse nel mercato dello spaccio palermitano e della provincia.
Le microspie collocate in via Iccara hanno spazzato via ogni dubbio: Daricca si recava quasi ogni giorno lì, con tanto di sacchetti di plastica che contenevano la droga da depositare. A metà marzo del 2016 fu sorpreso sul posto dalla polizia. Aveva appena scavalcato il cancello, all’uscita gli agenti avevano tentato di fermarlo. Lui entrò in macchina, dove lo aspettava una donna, e scappò. La conversazione con la ragazza all’interno del mezzo fu registrata dalle microspie, prese vita un rocambolesco inseguimento: