Sequestrata nave Ong a Pozzallo |Ministro spagnolo: "Chiarire accuse" - Live Sicilia

Sequestrata nave Ong a Pozzallo |Ministro spagnolo: “Chiarire accuse”

La Procura di Catania ha disposto ieri sera il sequestro della nave della Ong Proactiva Open Arms.

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ROMA – “Impedire il salvataggio delle vite in pericolo in alto mare con lo scopo di riportarle con la forza in un paese non sicuro come la Libia è in contrasto con lo Statuto dei rifugiati dell’Onu”‘. Lo scrive in un tweet Oscar Camps, fondatore della ong spagnola Proactiva Open Arms, dopo il sequestro della nave dell’organizzazione disposto ieri sera dalla Procura di Catania dopo lo sbarco a Pozzallo. “Proteggere la vita umana – osserva Camps – dovrebbe essere la priorità assoluta di ogni corpo civile o militare che si rispetti, si chiami Guardia Costiera, salvataggio Marittimo o Marina: questo è previsto anche dal diritto del mare”. “Non dobbiamo dimenticare – aggiunge – che non solo i diritti umani delle persone in fuga in cerca di riparo sono in gioco, ma si stanno violando i diritti di tutti i cittadini dell’Unione Europea”.

“Dobbiamo chiarire quali siano le accuse nei confronti dell’ong e quali giustificazioni abbia l’organizzazione”. Così il ministro degli Esteri spagnolo Alfonso Dastis commenta il sequestro della nave di Proactiva Open Arms, disposto ieri sera dalla Procura di Catania, dopo lo sbarco a Pozzallo. Lo ha detto arrivando al consiglio dei ministri degli Esteri dell’Ue, al quale è prevista anche la partecipazione del capo della Farnesina Angelino Alfano.

La Procura di Catania ha disposto il sequestro della nave che era ormeggiata da sabato al porto di Pozzallo. Un avviso di garanzia è stato notificato a tre indagati: il comandante, il coordinatore di bordo e il responsabile spagnolo dell’ong. Il reato ipotizzato è associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina.

Sono il capo della missione, Anabel Montes, e il capitano della nave, Marc Reig, i due indagati della Ong ProActiva Opern Arms, dei tre iscritti nel registro notizie di reato, dalla Procura di Catania per associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina. Lo rende noto la stessa organizzazione sul proprio profilo Twitter spiegando che i due ieri “hanno passato diverse ore alla stazione di polizia, dopo essere stati sottoposti volontariamente sabato a un interrogatorio di oltre quattro ore ciascuno, e dopo aver consegnato, anche su base volontaria, tutte le registrazioni dei salvataggi di giovedì, quando si è verificato un incidente con le guardie costiere libiche”. Il terzo indagato è il responsabile dell’Ong che ha parlato con loro dando indicazioni durante le operazioni di salvataggio dei 218 migranti e degli avvenimenti successivi che hanno portato la nave ad approdare e Pozzallo, e che per la Procura risulta ancora ufficialmente non identificato.

“L’Italia in prima linea e l’Unione europea dietro vogliono farci pagare ciò che dovremmo fare. Il crimine di solidarietà è stato inventato”. Lo ha detto Oscar Camps, direttore dell’Ong ProActiva Open Arms, su Twitter, sul sequestro preventivo della loro nave a Pozzallo disposto dalla Procura distrettuale di Catania. “Dopo l’incidente con i libici – ha aggiunto – invece di dare un porto di destinazione all’Italia come al solito, il governo italiano ha lasciato le braccia aperte senza un porto sicuro per sbarcare i migranti per 24 ore”.

Il salvataggio di migranti al centro dell’inchiesta della Procura distrettuale di Catania è avvenuto “a 73 miglia nautiche della costa libica, in acque internazionali”. Lo ribadisce ProActiva Open Arms, nella ricostruzione dell”incidente’ su Twitter, confermando che “la pattuglia libica è arrivata un’ora dopo che le imbarcazioni di salvataggio delle Open Arms hanno localizzato la barca e assicurato a tutti i naufraghi i giubbotti di salvataggio”. “I migranti – sottolineano dalla Ong spagnola – erano terrorizzati dal fatto di essere costretti a salire sulla motovedetta. Dopo due ore di ‘persecuzione’, la guardia costiera ha detto che era in grado di salvare la nave. Alcuni di loro si sono tuffati in mare per evitare di essere riportati in Libia”. I migranti hanno poi raccontato ai soccorritori delle “torture che avevano subito in Libia e come i trafficanti hanno estorto le loro famiglie a pagare in cambio della loro liberazione”. (ANSA)


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