CATANIA. Maria Ruccella è morta tragicamente nella sua casa a Calatabiano lo scorso ottobre 2015. La 75enne è stata colpita a morte con il collo di una bottiglia, all’interno della propria abitazione. Alla fine di febbraio potrebbe arrivare la chiusura del primo capitolo giudiziario. E’ slittata al 27 febbraio, salvo imprevisti, la sentenza del processo. Unico imputato il 39enne Paolo Cartelli. Prima che la la Corte d’Assise di Catania si ritiri in camera di consiglio ci sarà spazio per le repliche dell’accusa, rappresentata dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e dal sostituto Andrea Norzi, e della difesa, con il legale Lucia Spicuzza. La Procura di Catania ha chiesto per l’imputato una condanna a 21 anni di carcere, contestando le aggravanti dei motivi abietti e della minorata difesa e riconoscendo le attenuanti generiche visto lo stato di incensuratezza ed il deficit psichico sofferto sin dalla nascita.
LA DIFESA. E’ durata quasi due ore l’arringa di Lucia Spicuzza, difensore di fiducia di Paolo Cartelli. Una lunga discussione per evidenziare, con l’ausilio delle fotografie, proiettate in aula, scattate dai militari del Ris di Messina sulla scena del crimine, quelle che per la difesa sono delle incongruenze nella ricostruzione dell’omicidio offerta dall’accusa. La relazione del consulente medico legale della difesa Carlo Rossitto, ha detto in aula il legale, avrebbe dimostrato che l’imputato ha toccato, non impugnato, l’arma del delitto. Questo racconterebbero le impronte digitali rilevate sul collo della bottiglia. Per la difesa, inoltre, le tracce ematiche rinvenute sugli indumenti di Cartelli, e nello specifico nella parte posteriore del pantalone, all’altezza del polpaccio, dimostrerebbero che non sarebbe stato lui a colpire la vittima ma solo che l’imputato era presente, di spalle, al momento dell’omicidio. Inspiegabili con la ricostruzione dell’accusa, così le ha definite l’avvocato Spicuzza, anche le macchie di sangue trovate sull’uscio di casa di Maria Ruccella. Da lì sarebbe entrato Cartelli, poi uscito da un secondo ingresso. Ma quelle tracce sarebbero state rilevate dai primi soccorritori giunti in aiuto dell’anziana. E allora, ha detto il legale della difesa, chi ha lasciato quelle macchie?
Al termine dell’arringa chiesta l’assoluzione dal reato contestato per non aver commesso il fatto e la qualificazione del reato a favoreggiamento personale, con esclusione delle aggravanti. In subordine, poi, chiesti la qualificazione del reato da omicidio volontario a preterintenzionale, con il riconoscimento del vizio parziale di mente, e, infine, previo riconoscimento del vizio parziale di mente, l’esclusione delle aggravanti e la condanna al minimo della pena prevista.