FIUMEFREDDO DI SICILIA. I pestaggi, le umiliazioni e le minacce erano ormai all’ordine del giorno in quell’abitazione di Fiumefreddo di Sicilia. Qualsiasi cosa, anche la più banale, poteva scatenare la violenza di Salvatore Crascì, 34enne, raggiunto da ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari per maltrattamenti in famiglia e lesioni, emessa dal gip di Catania Giancarlo Cascino su richiesta della Procura. Vittima prescelta delle aggressioni era la moglie, picchiata anche davanti ai figli minori e durante la gravidanza.
A dare il via alle violente discussioni erano soprattutto i comportamenti del 34enne, che spesso sprecava in futilità il poco denaro della famiglia. Lo scorso 5 marzo la donna, dopo l’ennesima violenza, è stata trasportata al pronto soccorso dell’ospedale San Vincenzo di Taormina, dove i sanitari le hanno riscontrato un trauma cranico e diverse escoriazioni al viso. Lì sono intervenuti i carabinieri della Compagnia di Giarre e di Fiumefreddo di Sicilia, che hanno raccolto le prime testimonianze, iniziando a ricostruire il clima di vessazione e soprusi vissuto in quella casa. Il marito l’avrebbe gettata sul letto e colpita al viso ripetutamente con pugni, fino a farla svenire. Durante l’aggressione le avrebbe urlato: “Bastarda, stavolta ti ammazzo”.
E prima di uscire dall’abitazione avrebbe detto alla figlia di chiamare il 112 ed il carro funebre. Pochi giorni prima del ricovero, l’indagato, dopo essere stato ripreso dalla moglie affinché non spendesse in modo futile il denaro, avrebbe afferrato un coltello e puntandolo contro la coniuge le avrebbe urlato: “Ti taglio a pezzetti, ti metto in un sacco nero e ti porto da tua madre”. L’atmosfera vissuta in quella casa ha trovato conferma nelle parole di alcuni vicini di casa, familiari e amici. Una “condotta di vita avvilente ed opprimente – si legge nel provvedimento del gip – impartita dall’indagato alla coniuge e con essa ai figli”, che rende la misura cautelare degli arresti domiciliari necessaria per evitare la possibile reiterazione del reato. Il gip ha vietato anche ogni incontro e comunicazione dell’indagato con la persona offesa e i suoi familiari.