CATANIA – “Non lasceremo mai morire bambini o uomini in mare. Noi non possiamo spostare la Sicilia da dove si trova: ma non per questo possiamo trasformarla nell’hot spot d’Italia pagando due conti: quello degli sbarchi e quello dell’accoglienza”. Lo ha detto ieri sera il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, alla festa nazionale de l’Unità in corso a Catania. Mafia, immigrazione, sicurezza pubblica e terrorismo sono stati i temi al centro dell’analisi politica dell’onorevole, discussa assieme a Francesco Saverio Garofani, noto esponente del Pd nonché presidente della IV commissione Difesa. “Per un Italia più sicura”, non è stato solo il titolo dell’incontro ma il manifesto di Alfano, che dal palco ha voluto illustrare con tanto di dati alla mano, “amo essere particolarmente preciso con i numeri – ha detto – so di essere un ministro spesso messo sotto attenzione da parte dei media”.
Un dibattito rivelatosi particolarmente fertile di riflessioni: perché la sicurezza è un campo quanto mai delicato e cruciale in un paese – come sottolineato all’inizio – dove quotidianamente si registrano dati contraddittori non di rado accompagnati da dolorosi fatti di cronaca. Il primo dato “insidioso” propinato al ministro è stato quello diffuso di recente dal Cga, secondo cui ogni cinque minuti si verifica nel paese una denuncia di furto ai danni di commercianti. “ Nel 2015 abbiamo registrato un calo nei reati, il più basso nell’ultimo decennio” – ha replicato Alfano che ha subito rivendicato l’azione messa in atto dal governo. E precisa: “Dal 2013 a oggi l’andamento della curva della delittuosità ha mostrato una diminuzione. Meno decrescente è stata invece la percentuale dei reati di furto e rapina” – ammette. Un fenomeno che l’esecutivo però intende contrastare, “attraverso – aggiunge – il potenziamento dei dispositivi e delle misure di sicurezza, fra cui le forze dell’ordine”, quali interventi “che passano dall’investimento di risorse incrementando gli equipaggiamenti, per esempio. Mettere i soldi per la sicurezza – dice – è una priorità di nazionale”.
Rimane la sicurezza nelle città il nodo da sciogliere, “presenterò a breve – ha aggiunto il ministro – alla presidenza del Consiglio anche un provvedimento per la sicurezza urbana. Non esiste libertà e diritto di cittadinanza che non siano abbinati all’idea di vivere in tranquillità il proprio parco e la propria città. Lo faremo conferendo maggiori poteri ai questori e alle forze dell’ordine e mediante l’irrobustimento della governance dei sindaci”. E il ministro parla di Catania: “L’idea di sicurezza a Catania chiaramente non potrà coincidere con quella di Belluno o Cuneo; occorrerà trovare dei luoghi di coordinamento al fine di individuare strategie di sicurezza adattate alla città”. Il ministro ha poi ricordato il piano di cyber security a cui nelle ultime settimane la commissione Difesa sta lavorando, tema sottovalutato ma non per questo meno importante.
Ma a tenere banco è stato il tema dell’immigrazione, argomento topico ed esaminato a margine di un’estate siciliana segnata dalle emergenze. Il dibattito è ruotato attorno a vari aspetti, fra cui le possibili correlazioni fra l’aumento dei furti e il fenomeno dell’immigrazione. Ma Alfano non ha esitato: “Come dire di no a chi chiede aiuto? Non darò mai l’ordine di fermare i soccorsi. Si salvano tutti, perché non si fa morire nessuno. Anche grazie a tutto questo, la Sicilia è diventata la culla dei diritti umani. Poi in un secondo momento si procede con i controlli per capire se si tratta di profugo o di un irregolare: se uno è morto non gli puoi fare la domanda. È stato questo a rappresentare finora il cuore della nostra linea d’azione politica. Sebbene mi sia costata in termini elettorali”- ha sottolineato.
Maggiore equilibrio tra accoglienza e rimpatri è quanto invece auspicato dal ministro. “Siccome le navi non possono arrivare a Portofino e non si può trasformare la Sicilia nell’hot spot d’Italia. Paghiamo già il conto alla storia per colpa delle scelte sbagliate. Le frontiere di Lampedusa vanno presidiate. I migranti che arrivano qui vanno poi ridistribuiti equamente in tutta Italia e in Europa”. Quest’ultima secondo il ministro “sta fallendo nei ricollocamento e nei rimpatri”. Per il leader del Nuovo centro destra, senza un efficace piano dei rimpatri si corre solo il rischio di rinfocolare le forze razziste di destra. “Dobbiamo scegliere oggi che Italia essere domani, piantare il seme che germoglierà: accoglienza con le giuste regole e integrazione che coincida con pace”. E non è mancata la stoccata verso il leader della lega Salvini. “Prima proponeva il bus riservati ai soli milanesi e ora viene qui a Catania ad insegnarci come dobbiamo accogliere. Non credo che abbia cambiato cuore, prima che idea. Anche perché è uno che vuole uscire dall’Europa e dall’euro. Ed uno che in base allo statuto della Lega vuole uscire dall’Italia, e non si capisce in che cosa voglia entrare”.
Ma fra i temi affrontati non poteva venire eluso quello della mafia, altra minaccia per la sicurezza, non solo dell’isola ma per l’intero paese. Occasione propizia per ricordare come spesso il malaffare trovi spazio nelle pieghe della cattiva politica, lì dove si annida la corruzione. Ed è stato proprio dibattito sulla mafia ad introdurre inevitabilmente il tema dell’antimafia o meglio della polemica che ne segue. Polemica che il ministro non ha però alimentato, neanche quando in sala è insorto un contestatore che ha rilanciato la questione dell’immunità parlamentare. “Sono stato sempre convinto che l’antimafia si un sentimento civile che ti porti dentro. Sono stato un sostenitore dell’antimafia delle leggi e dei fatti”. E cita un’intuizione del giudice Falcone: “Il mafioso tiene in conto di essere prima o poi preso, ma non tiene in conto che gli verranno confiscati tutti i soldi e i beni, anche ai figli. Ora tutte queste cose sono leggi che hanno prodotto risultati. La mafia è in ginocchio”.
Poco prima che avesse inizio il dibattito sulla sicurezza, Alfano si è intrattenuto con i giornalisti parlando del referendum sulla riforma costituzionale. “Noi siamo quei moderati, quel centro destra per il ‘sì’ – ha ribadito sposando la linea del governo – e vogliamo rappresentare quei tanti italiani che di sinistra non sono e che diranno ‘sì’ al referendum. Per questa battaglia referendaria ci impegneremo ‘pancia a terra’ perché pensiamo che dal referendum dipenda la modernizzazione del paese, e che l’area moderata potrà essere decisiva per la vittoria del ‘sì’” – ha concluso il ministro dell’Interno.