CATANIA – Sciopero generale della scuola: migliaia in piazza. “La buona scuola siamo noi”, si legge sullo striscione che apre un corteo vasto e coloratissimo. Le promesse della vigilia non sono state disattese, professori e studenti di Caltanissetta, Enna, Messina, Ragusa e Siracusa prendono d’assalto la città etnea. Gli organizzatori parlano di circa 20000 persone in corteo, cifre forse un po’ troppo generose ma non lontane dal numero veritiero. Dalla testa del corteo è impossibile vedere la coda. Lo sanno bene i numerosi automobilisti rimasti bloccati nelle strade limitrofe all’arteria principale di Corso Italia. Insegnanti e studenti camminano insieme per le strade di Catania e non intendono arretrare di un millimetro davanti all’ultimo attacco alla scuola pubblica sferrato questa volta dal governo Renzi. Sono tanti i tasti dolenti del ddl che proprio non vanno giù alle sigle sindacali Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals, Gilda e Cobas. In primo luogo “il potere indiscriminato” che si vuole concedere ai dirigenti scolastici. “Chiediamo che il ddl venga ritirato. Non possiamo tornare indietro di cento anni: la scuola non è un feudo”, dice Antonella Distefano, segretaria generale della Flc Cgil etnea. “Un dirigente scolastico non può avere il potere di determinare la vita delle persone” rincara la dose la sindacalista.
Tra i malumori della piazza c’è l’assenza di concertazione tra l’esecutivo e le sigle sindacali e i rappresentanti del mondo della scuola. “Non siamo contrari alle riforme ma vogliamo che la base sia coinvolta, i lavoratori della scuola (con i contratti bloccati da anni) devono potere dire la loro”. Insomma, tutte le accuse della vigilia vengono rispedite al mittente: il problema non è una forma di conservatorismo, cambiare si può ma imboccando una “direzione totalmente diversa” con buona pace della “scuola azienda” tanto cara all’esecutivo targato Matteo Renzi. “I dirigenti scolastici saranno dei manager di un’azienda che assumono personale attingendo a un albo regionale con la scelta dei curricula piuttosto che facendo scorrere le graduatorie”. “Si va verso la privatizzazione e la esternalizzazione di alcuni servizi: basti pensare che nel ddl non c’è una sola riga che riguardi il personale Ata” argomenta Di Stefano. Un’idea che sembra condivisa da buona parte del mondo della scuola, tenuto conto della “massiccia l’adesione” registrata nella provincia etnea.
I numeri parlano di oltre l’ottanta per cento di istituti scolastici chiusi in città. Come anticipato alla vigilia del corteo, la deputata democratica Concetta Raia è in piazza a manifestare contro la riforma della scuola portata avanti dal suo partito. “Questo progetto di riforma a me non piace” tuona la deputata. “Bisognerebbe programmare una scuola assolutamente diversa e democratica, questa volta Renzi sta sbagliando; spero che legge sia cambiata: la scuola non può essere consegnata nelle mani di datori di lavoro” argomenta Raia. Poi sferra una stoccata al sottosegretario all’Istruzione. “Faraone si è dimenticato del passato, deve avere rispetto di chi protesta”. Poi un consiglio: “Bisogna ascoltare chi contesta e trarre spunto, ascoltare chi lavora nel mondo della scuola, non dobbiamo essere presuntuosi”.
Gli slogan scanditi dai manifestanti invocano a più riprese la difesa della scuola pubblica. Il lungo serpentone, partito da Piazza Europa, si snoda lungo Corso Italia, attraversa viale XX Settembre fino a Piazza Roma per il comizio finale. Lo spezzone dei Cobas, che chiude il serpentone, termina invece la manifestazione in Piazza Università. Lo strappo nasce dall’assoluta contrarietà a emendare il disegno di legge e da vicende locali. “Cgil, Cisl, Uil, Gilda e Snals – si legge in un volantino distribuito durante il corteo- hanno deciso che possiamo partecipare al corteo, ma non parlare alla conclusione della manifestazione. E’ un veto incomprensibile e inaccettabile”. Da qui la decisione di dirottare lo spezzone in centro. Al netto dello strappo finale, lo sciopero generale risulta uno dei più partecipati degli ultimi anni. Da Catania la bocciatura della “Buona Scuola” arriva chiara e forte.