CALATABIANO – C’è anche l’ex assessore di Sant’Alfio, Giovanni Torrisi, di 31 anni, tra i cinque arresti eseguiti questa mattina, su ordinanza del Gip di Catania, dai carabinieri della Compagnia di Giarre nell’ambito delle indagini coordinate dalla Procura di Catania sull’omicidio del pastore 47enne Salvatore Buda, ucciso lo scorso 23 gennaio in un fondo agricolo di Contrada Felicetto a Calatabiano. Sarebbero quindi cinque i complici del reo confesso Salvatore Musumeci, il 39enne giarrese, in carcere dal giorno del delitto. Tutti sono accusati a vario titolo ed in concorso tra loro, di omicidio volontario, sequestro di persona, rapina aggravata e detenzione e porto abusivo di armi. All’alba di stamani i carabinieri hanno eseguito le ordinanze di custodia cautelare a carico dei pregiudicati Alfio Nucifora, 43 anni di Sant’Alfio, Francesco Cavallaro, 28anni di Giarre, già in carcere per altri reati, e dello stesso Salvatore Musumeci. Oltre all’ex assessore Torrisi, sono stati arrestati altri due incensurati, G.F. ed N.M. le iniziali, tutti di Sant’Alfio.
Nel corso delle successive perquisizioni, compiute stamani dai carabinieri di Giarre insieme al Nucleo Cinofili di Nicolosi, sono state ritrovate anche delle cartucce. Particolare che è emerso nel corso della conferenza stampa. Il tenente Filippo Testa della Compagnia dei Carabinieri di Giarre ha fornito alcuni dettagli sulle indagini svolte: “Sono state fondamentali – ha affermato – per indentificare i complici le intercettazioni, dalle quali abbiamo sviluppato poi le altre attività investigative”. Il delitto sarebbe maturato per un regolamento di conti tra pastori ed in particolare per la sparizione di alcuni capi di bestiame. Alcuni degli arrestati, come Salvatore Buda stesso, hanno avuto legami con l’ambiente della criminalità organizzata. “Allo stato soltanto Alfio Nucifora – ha aggiunto Testa – è ritenuto affiliato al clan Laudani, la vittima invece era vicina ai Cintorino”. L’arma del delitto, che dovrebbe essere un fucile, non è stata ancora ritrovata.
L’operazione è stata denominata “Bella Cumpassa”, nome che viene da un’esclamazione di Salvatore Musumeci. L’uomo, allevatore e commerciante di carne, aveva raccontato di essersi recato nelle campagne di Contrada Felicetto, utilizzate da molti pastori del comprensorio per portare a pascolare i capi di bestiame, per chiedere notizie di cinque vitelli di sua proprietà spariti misteriosamente. Lì avrebbe incontrato per caso la vittima con cui, per un malinteso, era nato un diverbio. Dalle parole i due sarebbero presto passati ai fatti. Secondo il racconto dell’indagato Buda avrebbe imbracciato un fucile, minacciandolo. Nel corso della violenta colluttazione sarebbe poi partito accidentalmente il colpo fatale che ha raggiunto la vittima al volto, uccidendola.
Ma la versione dell’uomo sin dall’inizio è sembrata contraddittoria agli inquirenti, convinti che il delitto fosse maturato in un contesto più ampio e che Musumeci stesse proteggendo gli altri complici. Il mancato ritrovamento del fucile, che Musumeci ha raccontato di aver gettato dal finestrino dell’auto in corsa, ha lasciato aperti ulteriori interrogativi. Nonostante i numerosi sopralluoghi compiuti sul posto, sin dalla mattina successiva all’omicidio, dai carabinieri della Compagnia di Giarre, insieme al Nucleo Cinofili di Nicolosi, dell’arma infatti non è stata trovata traccia. A contribuire allo sviluppo delle indagini sarebbero stati gli esiti dell’ispezione dei luoghi, che avrebbero evidenziato la presenza in quel fondo agricolo degli altri cinque complici, e dell’esame autoptico sulla vittima. Secondo la ricostruzione degli inquirenti alcune settimane prima del delitto ad un allevatore del luogo, uno tra gli arrestati incensurati, sarebbero sparite sei pecore. L’uomo però avrebbe deciso di non denunciare l’episodio ai carabinieri, rivolgendosi a Salvatore Musumeci e ad Alfio Nucifora, gravitanti negli ambienti della criminalità locale, per rintracciare l’autore del furto e per recuperare i sei ovini. I due avrebbero raggiunto Salvatore Buda chiedendo notizie sulla sparizione dei capi di bestiame. La vittima avrebbe assicurato loro che si sarebbe adoperata per il loro recupero. Ma dopo alcune settimane di silenzio, Musumeci e Nucifora, convinti che l’autore del furto fosse proprio Salvatore Buda, hanno organizzato una vera e propria spedizione punitiva alla quale hanno preso parte anche gli altri quattro arrestati, secondo l’accusa tutti armati di fucile. Intorno a mezzogiorno, il 23 gennaio, il commando avrebbe raggiunto l’ovile della vittima per compiere quella che sarebbe stata una vera e propria esecuzione.