Catania – Correva il 1963 quando la legge n.66 sanciva “l’ammissione della donna ai pubblici uffici e alle professioni”. Nel maggio dello stesso anno, ecco l’istituzione del primo concorso per aspiranti uditori giudiziari aperto anche al mondo femminile: 8 candidate su 187 risultarono idonee e, fra i 200 posti disponibili, la migliore si piazzò in quarta posizione. In cinquant’anni di intensa marcia delle toghe in rosa cosa è cambiato? Sul tema hanno riflettuto nell’aula delle adunanze del Palazzo di Giustizia di Catania esponenti dell’universo giuridico. Presente all’incontro coordinato da Flavia Panzano, componente di Giunta distrettuale dell’associazione nazionale magistrati, il Procuratore Capo Giovanni Salvi.
“Ormai – ha dichiarato Salvi – abbiamo donne ai vertici della magistratura sia nella Giurisdizione di merito sia in Cassazione. Basti pensare che la loro presenza, attualmente, risulta maggiore rispetto a quella maschile. Lungo il mio percorso professionale ho avuto l’opportunità di confrontarmi sempre con colleghe particolarmente valide per determinazione e preparazione. Donne dedite alla professione in grado di contemperare le esigenze del lavoro di cura che ancora, nella nostra tradizione, rimane ampiamente una prerogativa femminile”.
Tra i relatori anche Francesca Cannizzo, Prefetto di Catania, Carolina Tafuri, presidente di Sezione Corte d’Appello Etnea, Antongiulio Mancino, professore di Semiologia del Cinema all’università di Macerata. E sulle percentuali delle donne in magistratura si è soffermato il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati di Catania.
“I dati nazionali si attestano al 47%, cifre destinate ad aumentare. Il numero di donne che supera il concorso in magistratura è sempre più consistente, se continuiamo così – ha affermato simpaticamente Pacifico – tra un po’ occorrerà istituire le quote azzurre in magistratura. Un dato dissonante, invece, riguarda gli incarichi direttivi: il 18% riesce a ricoprire quelli di tipo giudicante e l’11% quelli di tipo inquirente. Negli anno ho apprezzato soprattutto l’intuito e quel pizzico di sano pragmatismo che a noi manca”.
Intuito e pragmatismo che di certo non sono mai mancate a Maria Gabriella Luccioli, presidente di sezione della Cassazione e prima donna in Italia ai vertici della Suprema Corte. “Sul tema – ha dichiara – non vi è più discriminazione, bensì la necessità di un impegno forte delle donne per far fronte a una professione che necessita di continuo studio, aggiornamento e sacrifici. Ai vertici esiste ancora un tetto di cristallo da spezzare, ma speriamo che le nuove generazioni riescano ad attuarlo”.