"C'è caldo" e il pusher evita la polizia| Al telefono, la droga in codice - Live Sicilia

“C’è caldo” e il pusher evita la polizia| Al telefono, la droga in codice

Nel corso delle chiamate i pusher parlavano in codice tra di loro, più chiari, invece, i dialoghi con i clienti. Tra questi, ragazzi di Termini e di Caltanissetta.

 

LE INTERCETTAZIONI DELL'INCHIESTA "TRYU"
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“C’è caldo”. E non si parla di clima. La frase era utilizzata come avvertimento dai giovanissimi componenti dell’organizzazione di spacciatori smantellata oggi dalla squadra mobile di Palermo, che dal 2009 teneva d’occhio i diversi pusher e intercettava le loro telefonate. La maggior parte di queste hanno un linguaggio chiaro ed emergono chiaramente le coordinate per raggiungere i luoghi d’incontro degli spacciatori stessi e quelli tra venditore ed acquirente. E così, viene a galla ad esempio, l’appuntamento tra Angelo Mendola ed un potenziale cliente. Avrebbero dovuto vedersi vicino alla chiesa di via della Capinera, ma un complice aveva avvisato Mendola della presenza della polizia. L’incontro era cosi stato posticipato perché “c’era caldo”.

Una serie infinita di telefonate tra i tre, volte a sfuggire all’attività di monitoraggio dei poliziotti che, nel corso degli appostamenti hanno accertato la cessione della droga con un cliente che si trovava alla guida di un’Alfa. Era lui stesso a definirsi come “quello con l’Alfa” quando contattatava telefonicamente gli spacciatori. E ancora, dalle chiamate emergono contatti con acquirenti di Termini Imerese, tra questi una donna di 35 anni.

L’acquisto dello stesso tipo di droga veniva invece indicato con frasi del tipo: “Vieni vestito allo stesso modo?” Se la risposta era sì, il pusher si riforniva dello stupefacente acquistato la volta precedente dal cliente. In uno di questi casi, un acquirente di Caltanissetta avrebbe acquistato da Giovanni Ribaudo un ingente quantitativo di droga da immettere nel mercato nisseno: ne aveva acquistato 36 dosi, tra eroina e cocaina e stava per partire verso Caltanissetta a bordo di un autobus. L’operazione, inoltre, prende il nome da una domanda che gli spacciatori facevano spesso l’uno all’altro: “Nu facemu un triu?” In cui si riferivano allo spinello.


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