Si sono riuniti a Roma, nella sede di Confesercenti, gli amministratori di Avviso Pubblico, l’associazione che di Enti locali e Regioni per la formazione contro le mafie. Un incontro che si è tenuto insieme a rappresentanti di Libera e Sosimpresa per avviare un percorso comune contro il maxi emendamento che introduce la possibilità di vendere i beni confiscati alla criminalità mafiosa (Emendamento 2.300, relatore Maurizio Saia, Pdl).
Le associazioni si sono date appuntamento il prossimo 5 dicembre dalle ore 18,00 nelle piazze italiane per avviare una raccolta firme per chiederne il ritiro. “Simbolicamente- ha detto Andrea Campinoti presidente dell’associazione- i sindaci indosseranno il tricolore per dare un messaggio forte a chi vorrebbe fare concessioni ai mafiosi. Siamo abituati ad andare avanti, al contrario, questa volta siamo costretti a tornare indietro. Per questo è necessario fare rete, insieme a Libera, l’imprenditoria sana e tutti coloro che vorranno impegnarsi contro l’ennesimo attacco alla legalità”.
Il Senato ha approvato a maggioranza il provvedimento che stabilisce che, se trascorsi i 90 giorni tra la data della confisca e quella dell’assegnazione (Legge 575/65 ), i beni non assegnati potranno essere venduti. La competenza viene affidata al dirigente del competente ufficio del territorio dell’Agenzia del demanio che dovrà espletare il procedimento di vendita entro sei mesi. In questo modo la competenza in materia di beni confiscati passa dal Ministero dell’Interno al Ministero dell’Economia, per evidenti ragioni di natura economico-finanziaria: le risorse incamerate dalla vendita andranno a finanziare i bilanci del Ministero degli Interni e del Ministero della Giustizia. “Dal 1982 ad oggi- continua Pierpaolo Romani coordinatore di Avviso Pubblico- i beni confiscati sono circa 8993, di queste 5407 destinati, mentre da destinare ne rimangono 3213. Un fatto che potrebbe incrementare i fenomeni mafiosi se consideriamo anche il dato che riguarda le aziende. Circa mille hanno subito la stessa sorte, 581 circa però sono chiuse. Questo significa che la mafia vive di transazioni finanziarie, basti pensare che 200 miliardi sono il dato dell’evasione fiscale, 50 quelli relativi alla corruzione. I beni confiscati servono oggi a svolgere un importante ruolo sociale e aiutare i comuni. Cosa ne sarebbe di una scuola di Bagheria, un tempo di proprietà di Totò Riina?”.
Il provvedimento, secondo i relatori, indebolisce la lotta alle mafie in quanto genera uno stravolgimento della Legge Rognoni – La Torre e del principio di utilizzo sociale dei beni sottratti alla criminalità organizzata previsto dalla legge 109/96. “Il valore sociale- ha detto Davide Pati di Libera- ma anche culturale ed educativo che rappresenta l’uso sociale dei beni non può essere cancellato. La modifica alla legge rappresenterebbe una opportunità tolta ai giovani che lavorano quelle terre e sono elemento di freno alle opportunità di proliferazione delle mafie. Sono blande le ragioni della mancata assegnazione dei beni. Perché non è ristrutturato, vi sono ipoteche o quote indivise. Per questo è necessario lavorare con le Prefetture attraverso i consorzi dei comuni”. L’Europa guarda all’Italia di La Torre come a un modello. Anche l’uso sociale dei beni, infatti, è stato votato dal Parlamento Europeo. “Un’Europa- ha detto Luigi Cuomo, coordinatore nazionale SoS Impresa- che sta avviando importanti percorsi in molti paesi dell’UE come la realizzazione di un ufficio di agenzia nazionale per la gestione dei beni confiscati”.Confiscare i beni ai mafiosi e utilizzarli per finalità di carattere sociale è fondamentale se si vuol portare avanti una seria e concreta lotta alle mafie da parte di uno Stato credibile e autorevole. Fondamentale perché si sottrae quella ricchezza illecita e quel consenso sociale che sono due pilastri portanti della forza e della prepotenza mafiosa. “Ci stiamo impegnando- ha detto Laura Garavini della Commissione Antimafia -per bloccare il maxiemendamento. E’ notorio, infatti, come da tempo queste organizzazioni criminali, dotate di ingenti risorse finanziarie, si avvalgano di prestanome incensurati per infiltrarsi nel tessuto economico-produttivo-finanziario legale: questo non solo nel Mezzogiorno ma a livello nazionale. Il governo è come bloccato da un muro ideologico”. In tema di beni confiscati è necessaria la costituzione di un’apposita Agenzia nazionale che si occupi in modo specifico della materia, riducendo sensibilmente i tempi che intercorrono tra la fase di sequestro, confisca, assegnazione e destinazione dei beni, favorendone il loro uso sociale, così come dichiarato anche nel Manifesto finale di Contromafie 2009. “Il nostro è un percorso comune- ha concluso Gabriella Strafalcioni di Libera- contro le mafie. Non faremo regali alla criminalità organizzata perché, provocatoriamente, i beni confiscati sono cosa nostra”.