Il Pd al bivio del referendum, c'è chi dice no al taglio - Live Sicilia

Il Pd al bivio del referendum| C’è chi dice no al taglio

Tutte le posizioni in campo in vista del voto.

Qualche voce critica al grido “non moriremo populisti” si leva dentro il Pd in vista del voto referendario sul taglio dei parlamentari. Una partita politica e istituzionale molto importante, giocata in sordina da buona parte degli attori in campo. I dem sono quelli che rischiano di più dopo il via libera, in quarta votazione, legato però alla condizione di mettere mano contestualmente alla legge elettorale e tutta una serie di bilanciamenti. Il vincolo, ad oggi, rimane lettera morta e rischia di creare non poche divisioni interne che passano inevitabilmente dal gradimento dell’alleanza con i pentastellati. Tra i dem siciliani si registrano diverse posizioni sul tema in attesa che la vicenda sia sviscerata nelle opportune sedi di partito.

Antonio Ferrante, neo presidente dell’assemblea della direzione regionale del Pd, teme che la vicenda possa esacerbare la contesa interna e mette le mani avanti. “È necessario garantire la massima informazione prima che fare la gara per intestarsi una posizione o, peggio, commettere l’errore di brandire un referendum costituzionale come arma di confronto interno”, spiega. “In questo senso auspico che il Pd organizzi incontri per spiegare il quesito, condividere le riflessioni della nostra base e, quale che sia l’esito, dall’indomani lavorare per dare seguito alla volontà popolare”, continua Ferrante.

Il deputato Fausto Raciti, di fede orfiniana, dichiara senza problemi il proprio voto contrario chiedendo a gran voce che il partito abbia il coraggio di una discussione chiara sul tema. “Il referendum è un bivio molto importante nonostante ci sia una tendenza a non centrare la discussione su questo. Abbiamo in quarta votazione alla Camera dei deputati, dopo tre voti contrari, dato il nostro voto favorevole al taglio dei parlamentari, vincolandolo a una precisa condizione”, ricorda Raciti. “E cioè che questo taglio fosse contestuale all’approvazione di una nuova legge elettorale proporzionale. Per la semplicissima ragione che una riduzione così secca del numero dei parlamentari è già di per sé un fortissimo correttivo maggioritario su una legge che già oggi prevede che un terzo dei parlamentari siano eletti in un collegio uninominale”, argomenta il deputato.

Un questione parecchio scivolosa. “Avendo dato vita a questo governo per impedire la presa dei così detti pieni poteri, cioè i due terzi del parlamento, a Salvini è logica conseguenza che i nuovi assetti istituzionali riflettano la necessità di un parlamento che rappresenti e non che forzi i numeri, rischiando di consegnare a minoranze elettorali amplissime maggioranze parlamentari”, spiega. “Ad oggi questa legge elettorale non c’è, ragione per cui lo stesso Zingaretti ha posto il tema di porre molta attenzione alla scelta referendaria rivincolando il ragionamento all’assenza di una legge elettorale proporzionale”, argomenta Raciti. “Io sono personalmente schierato per il no e chiedo che il Pd su questo assuma una posizione ufficiale che dovrebbe essere discussa in sede di direzione nazionale. Ad oggi questo non c’è, esponendoci a un duplice rischio: il primo è quello che io considero più grave; cioè di compromettere il buon funzionamento dell’anello fondamentale delle istituzioni repubblicane: il Parlamento”, insiste Raciti. “Dall’altro lato rischiamo di fare questo pasticcio in nome di cosa?  Per  consegnare ai Cinquestelle il 22 di settembre una ipotetica vittoria che non sono stati in grado di conquistarsi sul piano politico delle elezioni regionali, francamente non credo che il gioco valga la candela e il Pd farebbe bene a dirlo con molta chiarezza: è fondamentale che  affronti questa discussione e non  la eluda” dice Raciti.

Il capogruppo del Pd all’Ars, Giuseppe Lupo, invece, sposa in toto la linea del segretario Zingaretti e ripone speranza nel patto di governo e negli alleati. “Condivido la posizione di Zingaretti: va bene la riforma costituzionale, accompagnata dalle riforme sia dei regolamenti sia della legge elettorale, altrimenti cambiare solo una cosa rischia di vanificare il miglioramento del funzionamento del Parlamento: l’accordo di governo è questo, quindi va rispettato integralmente”, argomenta. Lupo è fiducioso. “Si deve arrivare a modificare la legge elettorale e anche i regolamenti parlamentari per migliorare il funzionamento delle camere”, spiega Lupo pronto a votare “sì” e a fidarsi dei pentastellati.

Il deputato Carmelo Miceli, esponente siciliano di Base Riformista, è meno fiducioso sul comportamento degli alleati.  “Il tema del taglio dei parlamentari non mi ha mai affascinato. E’ un tema che è arrivato nell’agenda del Partito Democratico su richiesta e impuntatura del Movimento Cinquestelle”, spiega. “Detto questo, nell’agenda politica di un governo di coalizione, il tema è entrato, ma vincolato a determinate condizioni: il taglio tout court in assenza di una nuova legge elettorale, di una riforma dei collegi, della riduzione dei rappresentanti delle Regioni in seno all’elezione del presidente della Repubblica rischia e rischierebbe di restare una riforma incompleta”, ammonisce il deputato. “Se accompagnata da quello che come Pd abbiamo chiesto ha un suo senso, se non dovesse essere così non mi affascina”, ribadisce Miceli in attesa che il nodo sia sciolto al più presto. “In sede di organismi dirigenti sicuramente affronteremo la questione perché siamo davanti a un dato oggettivo: all’appuntamento dell’election day non ovunque si è replicata l’alleanza di governo e, per di più, arriviamo al voto senza quelle richieste di bilanciamento che avevamo richiesto”, insiste. “E’ chiaro che Zingaretti sia tornato a bomba sulla questione, chiedendo di avere il coraggio di affrontare la questione della legge elettorale: faccio mie le sue parole”, aggiunge Miceli.  


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