CATANIA – Una mascherina, segno indiscutibile dell’emergenza Covid, è stata trovata accanto a schiuma da barba e prodotti da beauty in uno degli appartamenti dell’immenso compound confiscato alla famiglia mafiosa di Maurizio Zuccaro in via Filippo Corridoni a Gravina di Catania.
Una casa, blindata, in cui tutto sembrava lasciato lì da poche ore. Eppure il resort del boss è patrimonio dello Stato ormai da anni.
“Gli elettrodomestici erano al loro posto, come i lampadari, le asciugamani in bagno, i vestiti in camera da letto pronti per essere indossati. E qui, in un bagno abbiamo trovato la mascherina”. Il racconto è di Matteo Iannitti, de I Siciliani Giovani, che ieri ha partecipato – insieme ad altre associazioni – al sopralluogo ufficiale con il coadiutore dell’Agenzia nazionale dei Beni Confiscati, l’avvocato Andrea Aiello.
Quella “mascherina” è il segno tangibile che Villa Zuccaro è stata recentemente abitata e occupata. Per poter accedere ad alcuni degli alloggi è stato necessario l’intervento dei carabinieri, perché porte e cancelli erano sbarrati da catene e catenacci. “L’avvocato Aiello non aveva le chiavi per poter entrare in alcune villette del compound”, racconta ancora Iannitti.
Una nuova visita – dopo quella della scorsa settimana con una delegazione della Commissione Regionale Antimafia – a cui hanno assistito anche i carabinieri di Gravina di Catania e il sindaco Massimiliano Giammusso – che ha fatto emergere ancora di più lo stato di totale inerzia nella gestione delle ville con piscina ormai, definitivamente, parte dell’immenso patrimonio dell’Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati.
Il compound abbandonato del boss mafioso di Cosa nostra catanese è tra i 1400 lotti (700 solo in Sicilia) inseriti nel bando che ne prevede l’assegnazione diretta a enti e no profit. Una lettera di Claudio Fava indirizzata all’Agenzia e al Viminale, dove si denunciavano situazioni come quelle della Villa Zuccaro, ha permesso di prorogare i termini di scadenza.
Quella scritta “sappiamo chi sono” su uno degli specchi di una casa trasformata in un mucchio di macerie sembra una velata minaccia. In ogni angolo ci sono calcinacci, cocci di vetro, bottiglie di alcolici abbandonati. In una zona ci sono cartoni e cartoni contenenti i cd di Filippo Zuccaro, per il mondo neomelodico Andrea Z.
Poi ritagli di quotidiani, con articoli di cronaca nera riguardanti le first lady Zuccaro. La delegazione ha potuto visitare anche il capannone riservato alle galline per la produzione delle uova. L’azienda era una delle attività a cui si dedicava la famiglia.
“È un complesso di abitazioni e palazzine – racconta Nicola Grassi dell’Asaec, che ha partecipato al sopralluogo – tra strade private e pubbliche”. Le tracce della presenza di qualcuno dopo che la Dia ha posto i sigilli è ben visibili in diverse parti.
Gli atti vandalici e i pesanti danneggiamenti rappresentano quasi una sconfitta dello Stato. Il bando potrebbe essere un modo per tornare a vincere in questa battaglia alle mafie.
Ma come può un’associazione poter “gestire” e “mantenere” un patrimonio di questa portata? “Il sindaco di Gravina ha manifestato la sua intenzione di diventare l’ente capofila insieme ad altre associazioni”, commenta ancora Nicola Grassi.
I fari sulla gestione dei beni confiscati sono stati accesi. Ora però non bisogna spegnerli. C’è già una nuova puntata da scrivere. Il sopralluogo nell’introvabile agrumeto di Palagonia.