PALERMO – “Si sono messi tutti e due fratelli con me, perché dice che qua non devo fare bordello. Gli ho detto vi siete comprati il “pitrulizzu”?! Mi hanno preso e gli ho sparato … gli ho sfondato tutta la baracca di qua di là dietro, dovunque … a lui l’ho seguito … gli ho sparato nella macchina, scappò … a suo fratello l’ho inchiummato dentro la macchina … un macello … gli ho detto forse non avete capito niente, a me mollatemi perché oggi vi faccio sentire … per come ho fatto questo coso … ci sono state dieci volanti sotto casa mia … però ora non ce n’è“. Andrea Barone raccontava in questo modo la sparatoria in pieno giorno a cui aveva dato vita insieme al padre Carmelo, lo scorso 23 settembre allo Zen. A svelare il retroscena sono le intercettazioni dell’operazione dei carabinieri “Bivio” che ieri ha condotto a sedici arresti per mafia a Palermo.
Il ‘ duello’ in via Bianchini
Barone appoggiato dal boss Giuseppe Cusimano, si era affrontato con i fratelli Letterio e Pietro Maranzano, esplodendo colpi di pistola che soltanto per puro caso non avevano provocato vittime. L’inferno era scoppiato tra le vie Einaudi e Ludovico Bianchini. L’obiettivo di Barone sarebbe stato quello di uccidere la controparte, che lo accusava di aver provocato disordini nella zona ‘cuscinetto’ che si trova tra lo Zen 1 e lo Zen 2, detta “Pitrulizzu”. Un’area rintracciabile nei pressi della parrocchia di zona, dove c’è anche una baracca di lamiera. Contro quest’ultima e un’auto parcheggiata, Barone aveva esploso i colpi. Fondamentale si era rivelato l’intervento di Cusimano, che nonostante l’appoggio a padre e figlio, era riuscito a disarmare uno dei due: poi la fuga e l’arrivo dei carabinieri, che sul posto avevano trovato l’auto raggiunta dai colpi di pistola e i bossoli per terra.
L’esuberanza dei Maranzano
Barone, con un lungo curriculum di furti d’auto alle spalle, non si dava pace: in base a quanto emerge dalle indagini e dalle conversazioni captate dalle microspie, da tempo non avrebbe gradito “l’esuberanza” dei fratelli Maranzano. In una occasione, si sarebbero intromessi in una faccenda legata ad un “cavallo di ritorno”, pretendendo una percentuale del denaro che il proprietario del mezzo avrebbe dovuto sborsare per riaverlo indietro. In un altro caso, avrebbe cercato di intascare qualcosa anche dalla vendita di uno scooter. Mentre Maranzano voleva da Andrea Barone duemila euro relativi alla macchina, Barone voleva da lui cinquemila euro relativi a una multa elevata ad un ciclomotore intestato alla moglie, che di fatto Maranzanoo aveva venduto ad una persona senza regolarizzare il passaggio di proprietà.
“Se non mi danno i soldi abbuscano”
“Ad ogni modo – si legge tra le carte dell’ordinanza – dalle parole pronunciate dai due interlocutori emergeva la grande insofferenza verso i Maranzano, considerati coloro i quali, con i loro comportamenti, rendevano la vita impossibile a tutti gli abitanti dello Zen”. “Se non mi danno i soldi – diceva Letterio Maranzano – “abbuscano”… vogliamo i soldi della percentuale … ti vuoi negare … con me? … Ti vuoi negare con me? Me lo hai detto davanti a me mi hai detto che gli alzi le mani a…. li pretendevi!”.
Cusimano aveva trovato le armi
Cusimano, d’altro canto, si sarebbe dato da fare per procurare le armi ai Barone, arrivati al ‘duello’ coi Maranzano in pieno giorno, armati fino ai denti: “Gli ho dato tutte cose a Barone, gli ho detto: vai ad ammazzarli a tutti!”. Insomma, i contrasti erano ormai sfociati in una vera e propria faida, alimentata anche dall’opinione che Cusimano ormai aveva dei Maranzano: il comportamento dei due fratelli, infatti, aveva secondo lui provocato l’arrivo degli ‘sbirri’, al punto da aver subito lui stesso una perquisizione in casa, durante la quale erano state trovate delle armi. Cusimano aveva raccontato a tutti questa vicenda, con il chiaro obiettivo, secondo gli inquirenti, di inasprire ancora di più il giudizio nei confronti dei due fratelli, con i quali, da quel momento in poi, sarebbe stata guerra aperta per il potere.