Nella giornata di ieri, una delegazione del comitato Esistono i Diritti Transpartito si è riunita davanti Palazzo delle Aquile, per chiedere al consiglio comunale di Palermo e in particolare al presidente Salvatore Orlando il prelievo e il dibattito della mozione all’ordine del giorno per la costituzione del garante comunale per i diritti delle persone detenute. All’iniziativa non violenta sono intervenuti i copresidenti del comitato Esistono i Diritti: Gaetano D’Amico, Eleonora Gazziano, Annalinda Cordaro e Alberto Mangano. Presente anche l’ex deputato regionale e coordinatore dei Socialisti Siciliani Turi Lombardo. Con due delibere sullo stesso argomento, hanno deciso di sostenere la battaglia anche il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati (COA) e la camera penale di Palermo.
“Le persone detenute – dicono i membri del comitato – non sono solo ultimi ma invisibili percepiti come fantasmi dalla real politic. Il garante per le persone detenute volge lo sguardo alle condizioni detentive perché non venga mai meno la dignità della persona né il rispetto del dettato costituzionale. Compie azioni di osservazione, monitoraggio e segnalazioni sulle condizioni di vita in questi luoghi e, se necessario, sollecita un intervento da parte delle istituzioni competenti. Il suo ruolo – spiegano – è di garanzia, osservazione e dialogo rispetto alla difesa di diritti e comportamenti conformi alla legge. Affiancare alle figure del Garante Nazionale e del Garante Regionale per le persone detenute anche quella dei Garanti Comunali significa creare un prezioso anello di congiunzione tra le realtà di privazione locali della libertà, in particolare il carcere, e la città. In Italia sono già almeno 55 i Comuni dove tale figura è prevista”.
Il comitato Esistono i Diritti transpartito è impegnato da oltre due anni per la battaglia che prevede la costituzione del Garante Comunale. “Nel periodo storico che stiamo vivendo – commentano – le carceri devono avere l’attenzione necessaria, anche in vista della vicinissima campagna di vaccinazione al loro interno. Dallo scorso marzo i detenuti sono stati costretti a vivere in uno stato d’isolamento che si è andato a sommare a quello di per sé prodotto dalla carcerazione. Il carcere è un luogo dove purtroppo si vive affollati in cui è complicatissimo mantenere le distanze e le condizioni igienico-sanitarie non sono sempre ottimali. Spesso i luoghi di detenzione sono privativi non solo della libertà personale delle persone recluse ma anche di un’altra serie di diritti soggettivi che si vogliono preservare e tutelare. L’art. 27 della Costituzione prevede che ‘Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato’. Occorre trovare una nuova spinta – terminano – per evitare che il dettato Costituzionale non resti solo un auspicio, come purtroppo da tempo pare essere”.