CALTANISSETTA – Antonello Montante in aula. L’imprenditore sarà interrogato nel corso dell’udienza del processo d’appello. A chiedere l’esame dell’imputato sono stati i suoi legali, gli avvocati Carlo Taormina e Giuseppe Panepinto. A margine dell’udienza Montante ha rilasciato delle dichiarazioni alla stampa.
“Il carcere mi ha massacrato psicologicamente. Tutto mi sarei aspettato ma non un provvedimento restrittivo di questo tipo. Rinnoverò la fiducia alle istituzioni. Senza le istituzioni compresi i magistrati io non avrei potuto fare nulla di ciò che ha fatto. C’è stato un rispetto istituzionale dei ruoli e non soffro di vittimismo”. Lo ha detto a margine dell’udienza del processo d’appello in cui sarà interrogato Calogero Montante, ex leader di Confindustria Sicilia, condannato a 14 anni per corruzione in primo grado. “C’è una frase importante di Papa Francesco che ho fatto mia. ‘Nella vita è bello non fare male’ – ha aggiunto Montante -. Con questa frase sono riuscito a resistere e a perdonare i traditori. Io non parlerò male, parlerò della verità. Cioè quello che abbiamo fatto: sacrificare la vita per le istituzioni”. “Io non ho fatto dossieraggio. Io scrivevo tutto perché la mia paura era quella di non ricordare. – ha concluso – Voi giornalisti quando volete raccontare la verità lo fate bene. Quando non volete non lo fate”.
Giornalisti non ammessi al processo
La corte d’appello di Caltanissetta ha respinto la richiesta dei giornalisti di partecipare all’udienza del processo a Calogero Montante, ex leader di Confindustria Sicilia condannato in primo grado a 14 anni per corruzione. Oggi è previsto l’interrogatorio dell’imprenditore. Il processo si è svolto in abbreviato, quindi, per legge, a porte. chiuse. La rilevanza della vicenda ha indotto, però, la stampa a chiedere l’autorizzazione a prendere parte all’udienza di oggi, ma i giudici hanno negato il consenso. Imputati oltre a Montante anche l’ex comandante della Guardia di Finanza ed ex capocentro della Dia Gianfranco Ardizzone, il funzionario di polizia Marco De Angelis, il responsabile della sicurezza di Confindustria Diego Di Simone e il questore Andrea Grassi, tutti condannati in primo grado. L’ex leader di Confindustria sarebbe stato al centro di un’attività di dossieraggio e ricatti con la quale avrebbe condizionato la politica regionale tentando di far aprire inchieste a carico dei “nemici” e acquisendo informazioni sull’indagine per concorso esterno in associazione mafiosa che la procura di Caltanissetta aveva avviato su di lui.