Padre Golesano replica a Striscia la notizia, che l’ha indirettamente chiamato in causa su presunte assegnazioni “malaccorte” di beni confiscati. Ecco il suo comunicato: “Il 4 ottobre 2010 il programma televisivo “Striscia la Notizia” ha mandato un servizio sulla utilizzazione dei beni confiscati alla mafia e attribuiti ad alcune associazioni che fanno riferimento al sottoscritto. Nel servizio sono state pronunciate pesanti accuse sul mio lavoro, sulle attività svolte e pertanto ho dato incarico ai miei legali di predisporre tutte le iniziative necessarie per la salvaguardia della mia immagine e delle persone che con me hanno collaborato. A tale proposito sembra opportuno specificare che il sottoscritto non ha in gestione né personalmente, né attraverso terzi nessun bene confiscato alla mafia.
L’unico bene confiscato alla mafia assegnato in via definitiva all’associazione LIVE EUROPE, all’interno del quale ero presente come socio è il bene di viale Regione Siciliana. Il bene si trovava in pessime condizione e furono necessari cca 50.000 euro per la sua ristrutturazione. Sino alla mia uscita da tale associazione il bene è stato utilizzato per i fini istituzionali dell’ente.
Tra le altre attività sembra utile ricordare tutte le colonie estive organizzate a favore dei minori di Brancaccio e gestite insieme all’arma dei carabinieri della Provincia Regionale di Palermo.
Non sono al corrente delle attuali condizioni dell’immobile in quanto gestito da soci diversi con i quali l’Associazione aveva già iniziato un rapporto di collaborazione all’inizio del 2008 come si può facilmente dimostrare.
Rispetto ad altri beni: un appartamento completamente vandalizzato e un terreno abbandonato da 20 anni e che nessuno ha mai voluto (o potuto) utilizzare si è espresso di recente una sentenza del TAR.
Tale beni erano stati comunque affidati in via provvisoria. L’appartamento sito in Largo Giuliana è stato ristrutturato dalla Fondazione don Giuseppe Puglisi con propri fondi e una piccola raccolta ed è stato messo a disposizione dei ragazzi di Brancaccio.
Serenamente aspetto il percorso delle querele che gli avvocati riterranno giusto predisporre, con la consapevolezza di non avere mai avuto niente a che vedere con la mafia. I miei 36 anni di ministero sacerdotale, a Palermo, nelle parrocchie di Falsomiele, Borgo Ulivia, Montegrappa e Brancaccio ed adesso a Ss. Pietro e Paolo sono espressione di un impegno che non è mai venuto meno.
Sono molto amareggiato per tutto quello che è successo e non ne comprendo i mandanti e le motivazioni di tale cattiverie. Mi dispiace moltissimo per Roberta (oggi giovane mamma e moglie) che nel nome di non capisco bene quale “guerra santa” è stata sbattuta sui giornali e umiliata. Roberta aveva partecipato all’avvio dell’associazione condividendone gli scopi e vedendo nella sua partecipazione un modo per dissociarsi da quella cultura impegno che ha sino al 2004 e da quella data non ha più partecipato ad alcuna delle nostre attività. Ove le mie dichiarazioni possano risultare “lacunose” rimango a disposizione per qualsiasi chiarimento”.
Ma lui è responsabile
“Una responsabilità in questa vicenda ce l’ha anche la diocesi di Palermo che non ha saputo convenientemente tutelare il nome di don Pino Puglisi”. Lo dice Maurizio Artale presidente del centro “Padre nostro” fondato dal parroco del quartiere Brancaccio assassinato il 15 settembre ’93, riferendosi alle vicende che coinvolgono don Mario Golesano, successore di Puglisi nella parrocchia. ”Il centro – spiega – non ha mai avuto a che fare con queste vicende. Padre Golesano ha fatto l’errore di andarsene dal centro disperdendo in numerosi rivoli l’eredità di don Puglisi ma gli è andata male: ha creato cloni geneticamente disturbati”. Don Golesano è entrato a far parte, o ha fondato, la cooperativa Solaria, l’associazione Live Europe la fondazione “padre Giuseppe Puglisi” l’associazione “don Pino Puglisi” che opera nel quartiere Montegrappa. Alcune di queste sono al centro di indagini della procura per quanto riguarda la gestione dei beni confiscati alla mafia. “Il nome di don Pino Puglisi – conclude Artale – andava protetto. La Diocesi doveva averne il copyright e vegliare che tutto ciò che si muovesse attorno al suo nome fosse inattaccabile non solo sul profilo legale ma anche etico e morale”.
Domani dal procuratore
“Domani mattina andrò a parlare con il procuratore di Palermo, Francesco Messineo. Non mi ha convocato nessuno, ma sento il dovere di farlo. Non mi devo giustificare con nessuno, ho la coscienza a posto. Voglio solo mettere le cose in chiaro”. Lo ha detto il parroco della chiesa San Pietro e Paolo di Palermo, don Mario Golesano, dopo le polemiche e le prese di posizione di alcuni politici, in riferimento al servizio di “Striscia la notizia” di ieri in cui viene evidenziata l’assegnazione da parte del Comune di Palermo di beni confiscati ad associazioni in cui vi sono come soci familiari di boss mafiosi o persone a essi vicini. “Da 37 anni dedico la mia vita alla chiesa e a questa città – ha proseguito – ma quando sento certe cose mi sembra che Palermo si sia dimenticata di me e del mio lavoro”.
“Quando Roberta Bontade venne da me per dirmi che voleva partecipare alla società Live Europe, nata per aiutare e stringere rapporti con i Paesi del Nord Africa, andai subito dall’allora procuratore di Palermo, Pietro Grasso, per comunicarglielo”. Lo ha detto don Mario Golesano, successore di padre Pino Puglisi nella parrocchia di Branacaccio, dopo le polemiche e le prese di posizione di alcuni politici, in riferimento al servizio di “Striscia la notizia” di ieri. Roberta Bontade è figlia del boss Giovanni e nipote del capomafia di palermo Stefano. “Roberta contribuì all’organizzazione di colonie e all’aiuto di alcune famiglie nordafricane che vivevano a Palermo – spiega il parroco – grazie a un libretto del padre di 40 milioni che era stato appena dissequestrato quando lei entrò a far parte della società”. Secondo i documenti della Live Europe, Roberta Bontade e altri soci sarebbero usciti dalla società il 10 ottobre 2008, sei giorni prima dell’informativa della prefettura al Comune di Palermo che segnalava la presenza all’interno della società di persone “imparentate con soggetti mafiosi”. Il 17 ottobre, un giorno dopo l’informativa della prefettura, uscirono dalla società don Golesano e altri. “Per quanto riguarda la scelta di fondo Magliocco (bene confiscato proprio a Giovanni Bontade, ndr) – ha concluso – è dipesa dal fatto che era in bruttissime condizioni e nessuno lo voleva e poi era l’unico terreno adatto a fare una serra”.