Chi sarà la maglia nera siciliana del 2011, in politica? Fabio, stai attento. La granata, stavolta, rischia di scoppiarti tra le mani. Fabio Granata da Caltanissetta (ma più noto a Siracusa) in cerca di un posto al sole. Tanti anni fa, Enzo Santacroce – un vecchio e sagace animale politico della Prima Repubblica – preconizzava per lui un futuro brillantissimo. “Fabio è bravo, vedrete – ecco la profezia di Santacroce – riuscirà benissimo”. Detto fatto. “Fabio” è uno che sa curare bene l’immagine. Stop? I maligni (purtroppo) spifferano contumelie in continuazione contro di lui, altrimenti che maligni sarebbero. Uno che (purtroppo) non lo ama sostiene che la sua esperienza politico-amministrativa sia da sempre un terno al lotto e che la fulgida corazza di uomo tutto di un pezzo, Dio, Patria e Famiglia, rappresenti una maschera forgiata ad arte. Intendiamoci, il latore delle urticanti maldicenze sostiene che l’onorevole Granata è sicuramente un politico “mediamente perbene”. Definizione scivolosa. Proviamo con l’ermeneutica: uno che non ruba, ma nemmeno un odoroso giglio di campo.
Si era messa bene per l’onorevole. Lo strappo di Fini. I giornali in fila per intervistarlo. E lui sulle barricate, con quel profilo da arcangelo vendicatore gianfranchista, anche un po’ di taglia larga. Perché qualunque idiota potrebbe obiettare: scusi, Granata, se n’è accorto adesso che certi suoi compagni di viaggio – verso cui ha espresso giudizi taglienti – erano quella schifezza della schifezza che dice lei? E i tempi trascorsi? Delle due l’una, caro Granata – obietterebbe l’idiota – o c’era la convenienza o lei non ci vede bene. Malissimo in entrambi i casi.
Con il tramontare del terzo polo, la miccia si è bagnata. Se Fini, il generalissimo, cade da cavallo e si rompe la schiena, chi soccorrerà il miles gloriosus Granata? Anche perché, dopo gli auguri porti al leader con un post (“Caro Gianfranco, comunque grazie”, con tanto di foto sorridente a trentasei denti accanto al capo), alla vigilia dell’epica legnata della sfiducia, si è pure sparsa la voce che Fabio sia sfigato e conduca i camerati nel medesimo sentiero di lacrime e stridore di denti. La battuta che circola è perfino banale: una vera mina vagante.