MILANO, – In base all’intesa raggiunta il piccolo Eitan potrà stare, fino alla prossima udienza dell’8 ottobre davanti al Tribunale di Israele, metà del tempo con la famiglia materna e metà del tempo con la zia Aya, tutrice legale, con intervalli, stando a quanto riferito da fonti legali, di tre giorni a testa per ciascun ramo familiare.
“E’ una decisione equilibrata che mette al centro il bambino – ha commentato l’avvocato Paolo Sevesi -. Il legale, che assiste in Italia il nonno materno Shmuel, ha parlato con l’ANSA dell’intesa temporanea raggiunta dalle due famiglie, il ramo materno e quello paterno, sul caso di Eitan, il bimbo di 6 anni sopravvissuto alla tragedia del Mottarone e portato in Israele dal nonno materno, indagato a Pavia per sequestro di persona aggravato, assieme alla nonna Etty e ad un autista israeliano. C’è soddisfazione, dunque, da parte della famiglia materna del piccolo per l’accordo presentato oggi davanti al Tribunale di Tel Aviv che va nell’interesse del minore. A quanto si è saputo, oggi in udienza è arrivata una decisione ‘lampo’ da parte della giudice del Tribunale di Tel Aviv, grazie alla quale i legali delle due famiglie hanno potuto definire le intese raggiunte su istruzione della stessa giudice. Non è stato nemmeno necessario, a quanto si è appreso, che la zia Aya o il nonno Shmuel, entrambi presenti all’udienza, prendessero la parola davanti al magistrato.
Nelle tre udienze fissate dal giudice di Tel Aviv per l’8-9-10 ottobre sul caso di Eitan “si inizierà la valutazione delle prove, chiamiamole così, secondo il sistema della ‘Common Law’, con le quali si valuterà l’interesse del minore sulla base della Convenzione dell’Aja”. Lo ha detto l’avvocato Sara Carsaniga, legale di Shmuel, il nonno materno del bambino, unico a salvarsi nella tragedia della funivia del Mottarone e che è stato portato in Israele dal nonno, accusato del rapimento, con un volo privato partito da Lugano 12 giorni fa. Nel procedimento, ha chiarito il legale, “non si entrerà nel merito di quali siano i diritti della zia o dei nonni, ma si guarderà all’interesse del bambino, alla sua vita, alle sue condizioni, per valutare se ci siano eventuali pericoli o pregiudizi per lui nello stare nello Stato in cui si trova o in quello da cui proviene”. La sua storia, ha aggiunto l’avvocato, “è quella di un bambino israeliano, ebraico, che vive anche in Italia, di un minore che ha diritto di avere rapporti paritari con entrambi i rami della sua famiglia”.
Il legale ha ricordato di aver scritto pagine e pagine “di censura contro il provvedimento” del giudice di Pavia che ad agosto aveva confermato la nomina di Aya come tutrice legale del bambino. Dai giudici italiani, ha aggiunto, “sono arrivate decisioni non nell’interesse del minore”. Contro la nomina della zia paterna come tutrice il legale ha presentato già reclamo e l’udienza è fissata davanti al Tribunale per i minorenni di Milano per il 22 ottobre. “Noi ora accogliamo con gioia il fatto che il giudice in Israele sta applicando la Convenzione dell’Aja nell’interesse del minore”, ha aggiunto. Nelle “due ore di udienza” a Tel Aviv “si è posto al centro il bambino ed è stata data una rappresentazione della situazione e del suo interesse”. Da parte della famiglia materna, ha detto ancora l’avvocato, “non è mai stato detto che non era importante la zia” paterna. E ha chiarito ancora che “c’è stata mancata condivisione sulle scelte mediche, perché per i nonni era necessaria un’équipe specialistica, ma hanno potuto avere un colloquio con una professionista solo una settimana prima” del presunto rapimento. Ora, invece, il bimbo “sta in Israele e potrà vedere entrambe le famiglie, cosa che in Italia non è avvenuta e questo in un’ottica di tutela del minore e non per decidere chi è più bravo o più cattivo”.