PALERMO – In una contorta storia di ricorsi per un appalto pubblico ad Agrigento, il Consiglio di giustizia amministrativa (Cga) – in Sicilia organo d’appello del Tar – ha dato ragione a una società esclusa dal Comune per un’informativa della prefettura che segnalava la mafiosità di un’impresa. E l’ha fatto enunciando, tra l’altro, un principio: il legame di parentela con un mafioso ucciso nel 2003, fratello del titolare dell’impresa esclusa, e la nomina del nipote, figlio dell’uomo assassinato, quale direttore tecnico di un’altra società facente capo a un altro fratello dell’ucciso (a sua volta destinatario di un’informativa interdittiva), non può ritenersi elemento sufficiente d’interdizione. I giudici spiegano che il figlio dell’ucciso, al momento dell’omicidio, aveva 9 anni e per ragioni d’età non poteva essere influenzato dal padre mafioso.
Per effetto della pronunzia del Cga l’impresa può riottenere la titolarità del lavoro di completamento di un parcheggio in piazzale Rosselli, nella città dei Templi. Il ricorso davanti ai giudici (presidente Raffaele Maria De Lipsis, relatore il consigliere Ermanno De Francisco) è stato formulato dagli avvocati Girolamo Rubino e Lucia Alfieri.