GRAMMICHELE – Non sono soltanto le soffitte delle vecchie case a custodire album e cimeli. Pezzi di un passato che attende, magicamente, di ritornare a vivere nel presente. Capita, difatti, che a volte faldoni impolverati in angoli impensabili, un bel giorno, riappaiano dopo oltre 70 anni di letargo “forzato”. Sino al 16 maggio, la sala consiliare del Comune di Grammichele ospiterà la raccolta delle lettere dei soldati nati nella cittadina dalla planimetria esagonale datate seconda guerra mondiale. Un pezzo di storia per un approccio diverso alla storia. Più diretto, immediato, psicologico ed empatico.
“Qualche mese fa – spiega Dario Digeronimo, consulente del sindaco della città – tre impiegate comunali hanno rinvenuto tale materiale, di cui tutti disconoscevano l’esistenza, in un armadio dell’archivio storico cittadino. Ben 200 lettere e cartoline inviate dai nostri compaesani dal fronte e dai campi di concentramento. Leggendole emerge un dato storico: anche se per pochi anni, pure Grammichele ha vissuto una vera e propria diaspora. Ciò si evince dalla variegata provenienza: alcune arrivano dai campi di concentramento di New York, dalla Georgia, dall’India, dalla Palestina e dal Medio Oriente. Altre ancora da quelli tedeschi o direttamente dal fronte”. Quelle spedite dai campi alleati si contraddistinguono per la sigla “POW”, vale a dire “Prisioner of war”.
Ognuna è pronta a raccontare una pagina, seppur ingiallita, di uno status in cui a farla da padrone sono la paura e la nostalgia di una quotidianità lontana da sangue e bombe. “Probabilmente – continua il consulente del sindaco – il faldone era stato creato per la richiesta di sussidio che le famiglie coinvolte nel conflitto bellico potevano presentare alle autorità locali. Per ottenerlo occorreva dimostrare, infatti, che i parenti soldati fossero ancora in vita e una cartolina ne sanciva decisamente la prova. A differenza di quanto emerge in quelle scritte dai caduti della Repubblica di Salò o dai militari della Resistenza, in queste non vi è alcun “Viva la guerra, viva l’Italia’. Piuttosto, si sente fortemente il desiderio di ritornare alla normalità. Ragion per cui abbiamo deciso di creare attorno a tale ritrovamento uno spettacolo teatrale, ‘Non vedo l’ora che torno’, ispirato allo stato d’animo che accomuna tutti i soldati”.
Tra loro c’è chi, costretto a vivere da prigioniero in Palestina, trascorre le giornate in pessime condizioni nel deserto e chi, più fortunato, in America racconta ai familiari di stare bene e di lavorare nelle fabbriche per sostituire la forza lavoro locale impegnata al fronte. “In genere l’impostazione delle lettere è sempre la stessa: dopo aver tranquillizzato i parenti con un elenco dettagliato del proprio stato di salute – sottolinea Digeronimo – in molti casi traspare l’ansia di sapere notizie più intime. C’è chi chiede al fratello informazioni sull’atteggiamento della moglie in sua assenza o su come vanno i rapporti tra suocera e nuora. Tra le cartoline che mi hanno colpito maggiormente, anche da un punto di vista emotivo, vi è quella di un soldato, impegnato sul fronte russo, datata 4 dicembre 1942. Esattamente una settimana prima della battaglia difensiva del Don in cui persero la vita oltre 100mila italiani. Diverse volte mi sono chiesto: chissà se quel militare grammichelese che qualche giorno prima aveva scritto ai familiari di stare bene, nonostante il gelo e la condizione drammatica, dopo quella data era ancora vivo? Ad eliminare ogni dubbio è stato un suo parente, giunto a visitare la mostra, che ha confermato come quell’uomo fosse riuscito a tornare in Sicilia, a piedi, dalla Russia”.
E come in ogni documento storico, ciò che affascina immediatamente è la grafia. A volte chiara, altre un pò meno. “Ci sono lettere – conclude Dario – scritte in perfetto italiano, con molte più “acca” di quelle postate spesso oggi sui social. Altre, invece, sono un po’ stentate ma pur sempre comprensibili”. “Nel giro di un mese – ha commentato Giuseppe Purpora, sindaco di Grammichele – sono stati oltre due mila i visitatori che hanno voluto fare un viaggio inusuale nella seconda guerra mondiale grazie alla testimonianza diretta di compaesani dell’epoca. Mi ha colpito e mi fa ben sperare l’interesse dimostrato soprattutto dai più giovani. Tale raccolta rappresenta il primo passo di un progetto volto a valorizzare l’ampio e variegato patrimonio culturale della nostra città”.