PALERMO – Dal 2010 la “Giornata internazionale degli avvocati minacciati” viene celebrata il 24 gennaio in tutto il mondo. Era il 24 gennaio 1977 quando quattro avvocati e un loro collaboratore furono assassinati a Madrid. Tale evento divenne tristemente noto come il Massacro di Atocha, per il nome
della via dove avvenne.
“Con l’istituzione della giornata per gli avvocati in pericolo e la sua celebrazione – spiega Vincenzo Zummo, presidente della Camera penale Girolamo Bellavista – si prefigge di attirare l’attenzione dei governi, delle istituzioni internazionali e di tutta la società civile sulla situazione degli avvocati in un determinato Paese, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica e renderla edotta delle minacce e dei rischi che costoro devono affrontare nell’esercizio della loro professione. Essi sono il baluardo della libertà e dei diritti e, pertanto, diventano spesso il primo bersaglio del potere dispotico e dei governi
illiberali”.
Quest’anno, la Giornata internazionale dell’avvocato in pericolo ha, per la seconda volta da quando è stata istituita, il suo focus sull’Iran. La Consulta femminile della Camera penale – si legge in una nota redatta dalla segretaria, avvocato Alice Vivona – aderendo alle iniziative portate avanti dall’Ucpi, ha tenuto alta l’attenzione sulla situazione iraniana e preso posizione, da ultimo col comunicato del novembre scorso, in favore della collega Nasrin Sotoudeh e del marito Reza Khandan”. Responsabili della consulta sonio gli avvocati Maria Salemi e Donatella Mangiapane.
Tuttavia, tanti altri avvocati iraniani, si legge in una nota, sono vittime di persecuzioni giudiziarie. Assistiamo alla sempre più preoccupante erosione dell’indipendenza della professione legale. I colleghi
iraniani sono costretti ad affrontare continue intimidazioni, ostacoli e molestie. Sono minacciati di sanzioni per l’adempimento dei loro doveri professionali, qualora il governo disapprovi la natura del loro lavoro. Quando tali Avvocati esercitano la professione contro la volontà del regime, rischiano la condanna ed il carcere. L’Iran, purtroppo, come noto, non è l’unico paese in cui l’esercizio libero ed indipendente
della nostra professione è in pericolo”.