Il ciclo di concerti che il Teatro Massimo di Palermo quest’anno dedica a Ludwig van Beethoven, si è aperto con il concerto per pianoforte e orchestra n°1 op. 15 in do maggiore. Nella successione dei movimenti di questa composizione, molti hanno intravisto simbolicamente le tre espressioni principali dello spirito umano: l’ordine, l’interiorità e la libertà.
Al primo movimento, allegro con brio, segue un secondo riflessivo ed infine un terzo brillante e coinvolgente. Al pianoforte l’irlandese Barry Douglas, apprezzato dal pubblico per il suo suono limpido e delicato. Un’esecuzione la sua, che è stata a tratti commovente in particolare nel secondo movimento, un largo la cui struttura armonica già di per sé facilita lo scendere di qualche lacrima anche negli animi più freddi e restii. Sulla direzione, invece, si è preferito dividere i ruoli del direttore e del solista, cosa che nel passato non era del tutto scontata. Chi non ricorda, infatti, un affascinante Leonard Bernstein impegnato a dirigere i Wiener Philharmoniker e contemporaneamente eseguire la parte del pianoforte?
Sul podio ha diretto l’orchestra del Teatro Massimo il giovane Maxime Pascal, vincitore nel 2014 del Nestlé and Salzburg Festival Young Conductors Award. Una gestualità imprecisa ha fatto si che il consenso del pubblico non sia stato raggiunto. Il prossimo appuntamento del ciclo beethoveniano sarà il 12 marzo alle 20.30, con i concerti per pianoforte e orchestra n°2 in si bemolle maggiore e n 3 in do minore. La rassegna proseguirà fino al 2 aprile. E darà la possibilità di potere ascoltare, insieme a lavori già noti del compositore tedesco, anche composizioni meno conosciute, alcune delle quali mai prima d’oggi eseguite in Italia.
Un assaggio si è già avuto con l’aria “Fliesse, wonnezahre, fliesse” eseguita a corredo del concerto n°1, in prima esecuzione assoluta nazionale. Un’aria che Beethoven scrisse ispirandosi alla figura di Haydn intorno al 1790, in occasione della morte dell’imperatore Giuseppe II e dell’ascesa al trono del fratello Leopoldo II, la cui partitura si narra fu rinvenuta per caso durante un’asta pubblica. Interprete il soprano Maria Chiara Chizzoni che, appena guarita da un’influenza – così ha tenuto a sottolineare – ha cantato con alcune difficoltà. La musica, come diceva lo stesso Beethoven, è comunque ” la rivelazione più profonda dell’essere umano”. Interessante quindi l’iniziativa del Teatro Massimo di proporre una riflessione sulla produzione di uno dei più grandi compositori di tutti i tempi.